30 anni fa, poco prima delle tre del mattino del 17 gennaio, prese il via un’offensiva aerea e missilistica denominata Operazione Instant Thunder. Pianificata nell’ agosto ’90, le tre fasi si consolidarono quella notte con l’Operazione Desert Shield e dopo il primo mese dall’inizio, la battaglia divenne terrestre prendendo il nome di Operazione Desert Storm.
Gli Stati Uniti di George Bush senior guidarono una coalizione di 35 Paesi contro l’Iraq del regime di Saddam Hussein che il precedente 2 agosto aveva invaso il Kuwait. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu passò nel novembre 1990 la risoluzione n.678, che imponeva a Baghdad di ritirare le sue forze dal Kuwait entro il 15 gennaio 1991. Così non fu e il 17 gennaio 1991 cominciarono i raid aerei.
Fu il Magg. Greg Feest ai comandi del nuovissimo caccia tattico Lockeed F-117° (il caccia invisibile) a colpire il primo obiettivo, il centro di controllo della difesa aerea di Baghdad. Insieme a lui uno squadrone di altri nove Nighthawk sotto la protezione degli EF-111 bombardarono la capitale irachena. Quella missione, segnerà per gli Stati Uniti il battesimo dell’F 117, tenuto segreto fino al 1988.
Nel frattempo vari bersagli della città furono colpiti dai missili cruise BGM-109 Tomahawk della coalizione. L’attacco continuò per ore. Il quartier generale del governo, le stazioni televisive, le piste dell’aeroporto e i palazzi presidenziali furono distrutti. Furono compiute oltre 110 mila sortite con 2800 aerei, sganciando 250 mila bombe, comprese quelle a grappolo che rilasciano oltre 10 milioni di submunizioni. La coalizione dispiegò una forza di 750 mila uomini, di cui il 70 per cento statunitensi. L’esercito iracheno fu praticamente distrutto nel corso della campagna aerea.
Desert Storm, guidata dal Generale Norman Schwarzkopf, durò quasi sette mesi e costò la vita a oltre 5mila civili, a 30mila soldati iracheni e a circa 500 militari della coalizione. In quella notte nacque il fenomeno della “guerra in diretta tv”. Nuove tecnologie, come ad esempio le telecomunicazioni satellitari, permisero ai giornalisti aggregati alle truppe americane di trasmettere in diretta le immagini degli aerei che decollavano dalle basi in Arabi Saudita diretti in Iraq.
I giornalisti a Baghdad ripresero l’altro lato, mostrando le immagini del cielo di Baghdad solcato dai proiettili traccianti e illuminato dalle esplosioni. Peter Arnett, giornalista della CNN insieme a Bernie Shaw, John Holliman, rimasero a Baghdad per quasi tutta la guerra. Le loro trasmissioni dalla città sotto attacco sono entrate nella storia del giornalismo come i missili Scud dell’Iraq contro i Patriot della coalizione che li abbattevano in volo prima dell’impatto sugli obiettivi; gli incendi dei pozzi di petrolio incendiati da Saddam Hussein per ritorsione;
la cattura e gli interrogatori dei piloti degli aerei della coalizione con i volti tumefatti come i nostri piloti, il Maggiore Gianmarco Bellini (pilota) e il capitano Maurizio Cocciolone (navigatore).
Il 28 febbraio le truppe della coalizione terminarono la liberazione del paese e il presidente Usa George W. Bush proclamò un cessate il fuoco unilaterale.
Fabio Gigante