La retorica del patriarcato: quando la lotta alla violenza sulle donne diventa uno scontro ideologico
Da giornata di riflessione a campo di battaglia: il 25 novembre tra accuse di patriarcato e scontri con le forze dell’ordine
(di Francesco Panasci)
Il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, dovrebbe rappresentare un momento di riflessione collettiva, un’occasione per unire le forze contro un fenomeno drammatico che colpisce milioni di donne in Italia e nel mondo. Tuttavia, quest’anno, il significato della ricorrenza è stato in parte oscurato da polemiche ideologiche e tensioni sociali che hanno trasformato le manifestazioni in teatri di violenza.
La sinistra ha nuovamente puntato il dito contro il patriarcato, identificandolo come il fulcro del problema. Secondo questa narrativa, la società italiana sarebbe ancora profondamente permeata da una cultura patriarcale che legittima e perpetua la violenza contro le donne. La destra, invece, ha respinto con forza questa lettura, definendola un’interpretazione ideologica e strumentale.
Un dibattito che ignora le vittime
Nel mezzo di questo scontro, le vittime sembrano sparire. La violenza sulle donne è un fenomeno complesso che non può essere ridotto a una sola causa. Eppure, alcune questioni vengono sistematicamente ignorate. Perché non si parla con la stessa enfasi delle violenze legate a pratiche culturali importate? Perché si tace sui matrimoni forzati o sugli abusi perpetrati in famiglie appartenenti a contesti culturali diversi da quello italiano?
Se da una parte si enfatizza il patriarcato come matrice unica della violenza, dall’altra si tende a minimizzare o ignorare aspetti che mettono in discussione narrazioni politiche consolidate. Questo silenzio selettivo danneggia il dibattito e lo svuota della sua efficacia.
Manifestazioni che degenerano in scontri
A Roma e Torino, due delle principali città in cui si sono tenuti cortei per il 25 novembre, le manifestazioni hanno assunto toni accesi, sfociando in scontri con le forze dell’ordine. A Roma, il corteo organizzato dal movimento “Non Una di Meno” è stato segnato da episodi di tensione, con lanci di oggetti e tentativi di sfondare i cordoni di sicurezza. Simili episodi si sono verificati a Torino, dove sono stati lanciati secchi di vernice contro gli agenti.
Le forze dell’ordine, che dovrebbero garantire la sicurezza durante tali eventi, si sono ritrovate ad essere vittime di aggressioni fisiche e verbali. Gli episodi di violenza sollevano una domanda cruciale: può un messaggio contro la violenza essere veicolato attraverso gesti aggressivi?
Il rischio della strumentalizzazione
Quando una causa nobile, come la lotta alla violenza di genere, diventa terreno di scontro ideologico, il suo significato rischia di perdersi. Le iniziative di sensibilizzazione si trasformano in pretesti per battaglie politiche, alimentando ulteriormente le divisioni. La causa principale, cioè la difesa delle donne, diventa secondaria rispetto alla necessità di schierarsi e accusare l’altra parte.
Un appello alla responsabilità collettiva
La violenza sulle donne non è un problema di sinistra o di destra. È una questione che riguarda tutti, indipendentemente dalle ideologie. Ogni giorno dell’anno dovrebbe essere dedicato a combattere questa piaga, attraverso educazione, prevenzione e politiche adeguate. Le donne non si toccano, nemmeno con un fiore: un principio che non dovrebbe dividere, ma unire l’intera società.
Tuttavia, il clima di tensione e le derive violente emerse durante le manifestazioni del 25 novembre sollevano interrogativi sull’efficacia del dibattito. Le dichiarazioni del segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, che ha affermato nei giorni scorsi: “Questa non è democrazia, è violenza,” sembrano aver trovato un’eco preoccupante in quanto accaduto. Gli episodi di scontri e violenze registrati in diverse città sono la conseguenza di un clima incendiario che alimenta divisioni, trasformando il necessario dialogo in uno scontro.
Noi definiamo tutto questo con una sola frase: “Non è democrazia, è violenza.”
In un momento così delicato, è fondamentale evitare che il 25 novembre venga ricordato più per le polemiche che per il suo scopo principale: costruire un futuro senza violenza, né contro le donne né contro la società intera. La responsabilità è di tutti, e solo superando le barriere ideologiche sarà possibile tornare al significato autentico di questa giornata.
Leggi anche:
C’è tanto da fare: donne vittime di sottocultura e mostruosità