Oggi l’Azienda ospedaliera Universitaria e l’Università di Palermo hanno ricordato il professionista, medico legale e docente universitario, che 40 anni fa non si piegò alle pressioni dei boss, pagando con la vita la scelta di non modificare una perizia su una impronta digitale, era 11 agosto del 1982.
Fu lui infatti ad eseguire le autopsie sulle vittime della guerra di mafia, a cominciare dal cronista giudiziario Mario Francese, dal presidente della Regione Piersanti Mattarella, nonché i magistrati Gaetano Costa e Cesare Terranova, il colonnello e il capitano dei carabinieri Giuseppe Russo ed Emanuele Basile.
Nonostante le ripetute pressioni, scelse di onorare la sua professione e l’incarico che aveva ricevuto dalla Procura.
Per il delitto è stato condannato l’esecutore materiale, Salvatore Rotolo, e poi anche i mandanti, i boss Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Francesco Madonia, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci.
Il Prof Giaccone costituisce grande esempio di integrità e moralità, ricorda il Rettore Massimo Midiri “La morte di Paolo Giaccone è un evento che ha segnato la nostra vita di studenti quell’estate del 1982. Ciò che di certo tutti noi ricordiamo è la capacità di Paolo Giaccone di saper essere maestro; lui che ha saputo sempre coniugare il suo ruolo di medico legale e di docente universitario. Oggi nella mia veste di rettore non posso che rivendicare quel ruolo centrale che la formazione riveste nel forgiare gli uomini e i professionisti di domani. Il messaggio di Giaccone è quello dell’uomo che non si fa condizionare e che predilige la logica della conoscenza a quella dell’appartenenza. Si va avanti per merito. È un principio che valorizzeremo sempre di più per tener viva questa fiamma di coraggio nelle nuove generazioni”.
Per il Sindaco di Palermo,Roberto Lagalla “Paolo Giaccone è un eroe silenzioso che si iscrive nel novero dei martiri di questa città e di coloro i quali, attraverso il loro comportamento, inviano un messaggio importante alle giovani generazioni“, prosegue “Il suo profondo senso di responsabilità e il suo coraggio lo hanno portato a non piegarsi davanti alla minaccia mafiosa. Una scelta che gli costò la vita, un gesto nobile che ancora rappresenta un punto di riferimento nella lotta quotidiana alle infiltrazioni mafiose e alla criminalità organizzata”.
Caterina Guercioe