a cura dell’Avvocato Francesca Paola Quartararo
Cosa è il danno iatrogeno?
Il danno iatrogeno è un ramo del “danno biologico” che negli ultimi anni ha assunto un’importanza dei giudizi di responsabilità medica. Etimologicamente, l’aggettivo iatrogeno significa “causato dal medico” dal greco “iatros” (medico) e “genos” (che generato).
Il danno iatrogeno è il pregiudizio alla salute collegato all’aggravamento di una lesione o una patologia preesistente derivante dal comportamento colposo del sanitario. Più specificamente, le iatrogenesi indicano patologie, effetti collaterali o complicazioni dovute a farmaci, o a trattamenti medici in generale, risultati errati, i quali producono come effetto l’aggravarsi delle condizioni di salute del paziente.
Il danno iatrogeno, nel corso degli anni, ha assunto un’importanza crescente, in relazione al gran numero di pronunce giurisprudenziali, le quali occupandosi dello specifico tema al fine di chiarire gli aspetti tecnici e critici dell’istituto.
Come si configura il danno iatrogeno?
- L’insorgere di una lesione e/o un danno alla salute, di natura colposo, da parte di un terzo e/o per cause naturali;
- L’intervento di un sanitario;
- L’errore del medico nella gestione ospedaliera del paziente;
- L’aggravamento della lesione e/o danno originario;
- Il nesso eziologico tra il danno alla salute e il comportamento colposo del medico.
La morfologia del danno iatrogeno differenziale, si caratterizza, allorquando il medico, aggrava, con la sua condotta colposa, le condizioni di salute di chi ha in cura, dando seguito al consolidarsi di postumi che il paziente avrebbe altrimenti evitato.
Per cui il dubbio da chiarire sta nel capire se il sanitario e/o medico di turno che ha causato l’aggravamento delle condizioni di salute debba rispondere dell’intero danno patito dal paziente o solo delle percentuale di danno derivante dalla sua condotta colposa nella gestione del malattia del paziente.
Quando si configura la responsabilità del sanitario in presenza del danno iatrogeno?
La responsabilità medica per danno iatrogeno si configura, allorquando, a causa della sua condotta colposa, negligente ed imprudente del medico, possa essere imputato un aggravamento della patologia del paziente, rappresentato dal consolidarsi di postumi che il danneggiato altrimenti avrebbe evitato o in quanto sarebbe guarito, deve essere addebitata la lesione integrale – il danno originario e il danno causa -.
Dunque, in quest’ottica si pone l’accento sull’accesa discussione giurisprudenziale, se il medico che abbia causato l’aggravamenti e/o la manca guarigione debba rispondere dell’intero danno patito dal paziente, ovvero solo parzialmente del danno a lui “teoricamente” ascrivibile.
Difatti, quest’ultima l’antecedente logico necessario sul quale si inserisce la condotta colposa del medico. Ai fini della quantificazione del danno iatrogeno, si dovrà tenere conto del nesso causale ovverosia gli effetti che si sarebbero verificati con l’evolversi della malattia originaria e rispetto ai quali la condotta del medico negligente non avuto alcuna incidenza.
A tal proposito la Corte di Cassazione con sentenza n. 26117/2021 ha chiarito la questione attraverso dei principi giuridici.
La vicenda che gli Ermellini hanno dovuto risolvere interessava un soggetto che a causa di un incidente itinere riportava una certa percentuale d’invalidità aggravata per le cure errate dell’ASL.
Dunque, la Corte di Cassazione si è pronunciata su due questioni:
- Liquidazione del “danno differenziale” tra il risarcimento del danno di natura civilistica e l’indennizzo INAIL;
- La verifica della quantificazione del danno subito dalle modifiche del fatto illecito altrui, nella specie ASL, incide sui criteri di quantificazione in presenza del solo aggravamento – danno iatrogeno – di un danno che comunque si sarebbe verificato, cioè quello riconducibile all’infortunio in itinere.
Per la Cassazione con la sentenza n. 26117/2021 si è pronunciata in tema di danno iatrogeno differenziale affermo il seguente principio di diritto: “in tema di responsabilità medica, allorché un paziente, già affetto da una situazione di compromissione dell’integrità fisica, sia sottoposto ad un intervento che, per la sua cattiva esecuzione, determini un esito di compromissione ulteriore rispetto alla percentuale che sarebbe residuata anche in caso di ottimale esecuzione dell’intervento stesso, ai fini della liquidazione del danno con il sistema tabellare, deve assumersi come percentuale di invalidità quella effettivamente risultante, alla quale va sottratto quanto monetariamente indicato in tabella per la percentuale di invalidità ineliminabile, e perciò non riconducibile alla responsabilità del sanitario”.
Sul tema si ricorda anche la sentenza n. 161/2018 del Tribunale di Rieti ove: “è errato, in sostanza, calcolare l’importo del danno effettuando l’operazione aritmetica sulle percentuali di invalidità, in quanto l’operazione corretta va fatta sul montante risarcitorio ricavabile dall’applicazione delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, posto che in tale ipotesi l’ammontare del danno riconducibile alla responsabilità dei sanitari va stabilito operando, per l’appunto, la differenza tra il montante risarcitorio contemplato dal sistema tabellare milanese per l’invalidità di cui è in concreto portare il paziente e quello corrispondente all’invalidità ineliminabile e normalmente risultante dal trattamento medico (intervento chirurgico e/o altro): in tale prospettiva si rende, pertanto, necessario “prima” liquidare il danno in euro e “poi” effettuare le operazioni aritimetiche, non già effettuare i calcoli utilizzando i numeri delle percentuali di invalidità”.
Infine, da segnalare ai fini della liquidazione del danno la sentenza del Tribunale di Milano 23/08/2016 con la quale si è chiarito: “la liquidazione relativa alla misura differenziale di un danno alla salute… deve essere rimodulata in considerazione della concreta vicenda clinica e della specifica situazione concreta della parte lesa, e deve tenere conto di tutti i riflessi sull’integrità psico- biologica, del condizionamento e del pregiudizio delle attività areddittuali e, di ogni ulteriore aspetto che concorra a descrivere il danno non patrimoniale (sulla base delle risultanze e delle allegazioni offerte dalla parte).
In tal modo attraverso la rimodulazione, permette il risarcimento pari alla percentuale di danno che, in ossequio ai principi giuridici pronunciati dalla Corte di Cassazione, si ritiene “ascrivibile al professionista inadempiente, al fine di giungere ad un risarcimento che ben potrebbe essere anche superiore a quello risultante dalla differenza tra i due diversi gradi di invalidità”.
La materia in oggetto necessita di ulteriori approfondimenti per la quale bisogna esaminarli in relazione al singolo caso concreto. Per maggiori informazioni e/o pareri in merito alla questione consultate il sito www.avvocatoquartararo.eu