Ho già trattato, in questa rubrica, della nuova tratta ferroviaria Messina-Catania-Palermo. Ed ho già spiegato perché non si tratta di una linea ferroviaria ad Alta Velocità. Tuttavia, essa costituisce l’estremità meridionale di un un corridoio europeo TEN-T, quello Scandinavo-Mediterraneo che, in teoria, dovrebbe collegare la Sicilia all’Europa. Ma ci riesce solo in parte.
Premesso che in tal senso il Ponte sullo Stretto rimane fondamentale, anche perché l’insularità ci costa ogni anno 6,5 miliardi di euro (dati Prometeia), vale la pena riflettere su quest’asse ferroviario, che unirà le principali città siciliane percorrendo la parte interna dell’isola.
Un modo efficace per far uscire dall’isolamento quest’area, tanto che a gradirlo è stato lo stesso presidente dell’ANCI Sicilia, Leoluca Orlando che, in una conferenza stampa di qualche mese fa, ha dichiarato la sua soddisfazione per aver legato all’Alta velocità (?) città come Caltanissetta ed Enna. Peccato che tale itinerario abbia un grosso effetto collaterale: la marginalizzazione di Palermo, città capoluogo di regione. Della quale il prof. Orlando è ancora sindaco.
I numeri impietosi
Spieghiamolo con i numeri che, a differenza dei politici, non mentono mai. Sappiamo già che il percorso più breve tra Palermo e Messina, è quello che segue la linea di costa tirrenica: l’itinerario ferroviario diretto è lungo 220 km.
L’asse individuato per il collegamento con standard europei percorre invece una linea piuttosto spezzata che raggiunge prima Catania, puntando verso sud; poi Enna e Caltanissetta, curvando decisamente ad ovest; poi ritorna lungo la linea costiera tirrenica dirigendosi a nord; in ultimo, ancora ad ovest. Il risultato di questo zig-zag è una gimkana di circa 330 km: 110 in più rispetto al vecchio percorso tirrenico.
Si dirà: poco male, la nuova linea è “veloce”. Ma anche in questo caso i numeri parlano chiaro. In un mio articolo di qualche tempo fa sul sito “Sicilia in Progress“, in cui ipotizzavo il percorso più veloce per andare da Palermo a Roma, non ho avuto dubbi: è sempre meglio seguire l’itinerario tirrenico. E sarebbe più conveniente persino se quest’ultimo rimanesse con i residui 86 km a binario unico (tra Castelbuono e Patti), una volta completati i lavori di raddoppio in corso.
in tali condizioni, nell’ipotesi di realizzazione del Ponte sullo Stretto, basterebbero 5 ore e 30 minuti per andare da Palermo a Roma. Di queste, meno di due tra Palermo e Messina. Tempo che si abbasserebbe ulteriormente con il raddoppio della linea, con tempi di percorrenza complessivi molto prossimi alle cinque ore.
Se si scegliesse l’itinerario interno, anche percorrendolo a tutta velocità, la tratta Palermo-Catania- Messina sarebbe coperta, come minimo, in 2 ore e 45 minuti. Complessivamente, tra Palermo e Roma la percorrenza salirebbe a 6 ore e 15 minuti.
Il confronto con Catania
Il confronto con Catania sarebbe impietoso: i cugini etnei si troverebbero più vicini di circa due ore alla capitale, raggiungibile in sole 4 ore e 20 minuti. Sono due ore che fanno la differenza, pechè renderebbero il treno, a Palermo, poco competitivo con l’aereo. Mezzo che consentirebbe di raggiungere Roma in poco più di quattro ore e mezza (4 ore e 38 minuti, anche considerando i trasferimenti da e per l’aeroporto, i tempi di attesa etc) facendo pendere la bilancia pesantemente a suo favore.
Circostanza che manterrebbe, di fatto, la Sicilia occidentale in una condizione di insularità, a differenza di quella orientale. Nonostante il Ponte, nonostante la linea “alta Velocità” interna ed i 5,5 miliardi necessari per realizzarla.
Il discorso di cui sopra vale per i passeggeri, ma rispetto alle merci questa tortuosa e ripida ferrovia avrebbe comunque aspetti negativi. Basti pensare, oltre alla maggiore lunghezza, alle pendenze massime previste, pari al 18 per mille: esse sarebbero consentite “in deroga” agli standards dei corridoi TEN-T, che prescriverebbero il 12,5 per mille.
La modifica del corridoio TEN-T ed il ruolo della politica
Ma come siamo arrivati a questa situazione? La svolta avviene nel 2014, quando il corridoio Berlino-Palermo viene modificato, diventando l’attuale Helsinki-La Valletta. La modifica prevede l’abbandono della costa tirrenica a favore del tortuoso percorso interno. Un corridoio che prosegue poi per Malta, via mare. Scelta più che discutibile: se l’intento era quello di dotare le province interne di collegamenti veloci, comodi ed in grado di alleviare il loro cronico isolamento, si potevano prevedere interventi consistenti sui relativi collegamenti ferroviari alle direttrici costiere. Ma era proprio il caso di penalizzare in questo modo il capoluogo?
Chi ha seguito le vicende politiche siciliane degli ultimi decenni, avrà compreso che, in questa come in altre scelte penalizzanti per Palermo, un certo ruolo esse l’hanno avuto. Non mi addentro in considerazioni più specifiche, ma, anche in questo caso, la logica trasportistica ha lasciato il passo a ben altre considerazioni. Le quali, al di là dell’interesse di parte, non ottengono altro risultato che un crescente squilibrio all’interno di una regione già gravata da pesanti handicap.