Divieto di stazionamento in tutto il centro storico e nei quartieri Libertà e Politeama tutti i giorni dalle 16 alle 22, il sabato e la domenica per l’intera giornata; lo stesso provvedimento nel fine settimana è esteso alle aree costiere; smart working fino al 100% negli uffici comunali; riattivazione del sistema di prenotazione nei giardini e nei parchi comunali; intensificazione dei controlli e maggiore attività sanzionatoria per combattere l’abusivismo nei mercati rionali e settimanali; valutazione della possibilità di chiusura, con provvedimenti di Protezione civile, delle scuole se da parte delle autorità competenti non verranno comunicazioni certe sulla salubrità delle attività didattiche in presenza. Sono queste alcune delle misure che il sindaco Leoluca Orlando ha annunciato nel corso della videoconferenza che si è svolta oggi pomeriggio al fine di contrastare l’aumento preoccupante dei contagi da Covid 19 in città. Gli uffici stanno predisponendo le relative ordinanze, che entreranno in vigore da venerdì.
Il sindaco ha ricordato che ancora oggi, pur avendoli richiesti l’8 settembre, il Comune non è in possesso dei dati sulla situazione degli ospedali cittadini. “Io ho la password del sistema Gecos – ha ricordato Orlando – ma posso solo visionare le informazioni di Protezione Civile. Sarebbe sufficiente che io, come tutti i sindaci, fossi abilitato a consultare questi dati per capire quale è la reale situazione nelle nostre città”.
Con riferimento ai provvedimenti restrittivi, Orlando ha detto che “si tratta di misure che valgono molto in termini di sicurezza, ma quello che vale più di tutti è l’invito forte a stare il più possibile a casa. Noi rischiamo, in mancanza di strutture sanitarie adeguate, di non potere contenere l’aumento dei contagi. Ci sono zone d’Italia dove proprio per la carenza di strutture sanitarie sufficienti e adeguate è stata dichiarata la zona rossa.
Non possiamo consentire che a Palermo si debba decidere, che i medici siano costretti a decidere fra la vita e la morte dei pazienti, fra chi può essere intubato e quindi sopravvivere e chi, invece, deve morire per mancanza di posti. Non possiamo permetterci di avere una medicina di guerra con la considerazione che il sistema sanitario italiano rischia di implodere da un momento all’altro”.