Sono sempre più diffuse le liti familiari scaturite a seguito di divisioni ereditarie, specie quando occorre dividere i beni ereditati: a seguito della successione sorge una comunione sui beni ereditati (c.d. comunione ereditaria) disciplinata dagli artt. 1100 ss. c.c.. Spesso, infatti, gli eredi sono più di uno e, anche se legati affettivamente, non sempre sono d’accordo sulla destinazione del patrimonio ereditario: cosa fare se uno o più eredi si rifiutano di vendere tutto o parte del patrimonio ereditario (per esempio un immobile o un’auto)? Può obbligarsi qualcuno a vendere, nonostante si rifiuti? Quali rimedi giuridici esistono?
Preliminarmente, occorre precisare che non è in alcun modo possibile obbligare qualcuno a vendere beni di sua proprietà, giacché il consenso è presupposto essenziale alla compravendita. A tal proposito, nel caso in cui un erede si rifiuti di vendere parte e/o l’intero asse ereditario esistono altri metodi.
- Vendita delle singole quote di proprietà – per esempio: consideriamo l’esempio più diffuso, cioè che l’eredità consista in un immobile e ci siano più eredi, di cui uno contrario alla vendita: chi comprerebbe solo il 50% o anche il 90% di una casa, considerando che resterebbe comproprietario con altri soggetti? Probabilmente nessuno. In tal caso, la soluzione migliore è quella di vendere le quote di proprietà proprio ai coeredi contrari alla vendita ad estranei, ma magari favorevoli all’acquisto in proprio delle quote dei coeredi. Si può, quindi, avanzare loro tale proposta, risolvendo in via bonaria la controversia, con soddisfazione di tutti gli interessi in gioco. Deve essere rilevato, inoltre, che proprio il nostro ordinamento legittima tale soluzione, riconoscendo un diritto di prelazione a favore degli altri comproprietari: si tratta del d. retratto successorio ex art. 732 c.c., che impone al venditore di notificare la proposta di vendita (della propria quota di eredità), con indicazione del prezzo, agli altri coeredi, prima di poterla realizzare con un qualsiasi estraneo. Gli eredi hanno quindi due mesi di tempo per esercitare il diritto di riscatto. Se il venditore non rispetta il diritto di prelazione, non comunicando alcunché agli altri coeredi, essi potranno acquisire la quota ereditaria anche dall’acquirente estraneo e dai successivi aventi causa.
- Tentativo di conciliazione – In tal caso, facendosi assistere da un legale e facendo valere le proprie ragioni alla vendita, spesso legate a difficoltà economiche, può tentarsi una conciliazione con le parti resistenti, al fine di evitare le complessità, i costi e le lungaggini di un procedimento giudiziario di divisione ereditaria, di cui si tratterà in seguito, e raggiungendo, invece, un accordo che soddisfi in modo equo le esigenze di tutti i coeredi. L’accordo tra gli eredi così raggiunto, consente, altresì, di procedere alla divisione di tutti i beni ereditari e non soltanto, ad esempio, dell’immobile oggetto di controversia. In tal caso, la divisione bonaria che ne deriva, ha natura puramente dichiarativa, cioè gli effetti prodotti dalla divisione saranno retroattivi sino alla data dell’apertura della successione.
- La divisione ereditaria ex art. 713 c.c. – un metodo di scioglimento della comunione che si attua attraverso un procedimento giudiziario cui hanno diritto a partecipare tutti i condividenti. In particolare, l’actio communi dividendo è un’azione giudiziaria, personale ed imprescrittibile, avente per oggetto il diritto potestativo allo scioglimento di una comunione ereditaria, e che presuppone la qualità di erede nell’attore e nei convenuti. Ciò permette di garantire il diritto di ciascun coerede a ottenere la divisione del patrimonio comune anche quando non vi sia il consenso degli altri condividenti.
Quali sono le fasi e le caratteristiche del procedimento di divisione giudiziale?
In primis, tale procedimento giudiziario deve necessariamente essere preceduto da un tentativo di accordo fra le parti condotto da un apposito organismo di mediazione, cui queste ultime sono obbligate a rivolgersi prima di instaurare la causa innanzi al Tribunale. In mancanza, la causa non potrà iniziare o, se già introdotta, non potrà proseguire. Il tempo stabilito per trovare un accordo è fissato dalla legge in tre mesi. Nel caso in cui la mediazione non abbia esito positivo, si introduce il giudizio citando obbligatoriamente tutti i coeredi, al fine di procedere alla liquidazione delle quote ereditarie, e rivolgendosi al Tribunale del luogo dell’aperta successione. Il giudice designato procederà a formare la massa ereditaria, cioè ad individuare con precisione tutti i beni facenti parte dell’asse. Si procederà, pertanto, alla valutazione dei beni e del patrimonio ed alla successiva attribuzione delle quote ereditarie secondo legge o testamento, se presente. Ovviamente, la divisione sarà più semplice qualora vi siano beni facilmente divisibili: in tal caso, sarà effettuata l’attribuzione unitaria dei beni. Nel caso di un immobile facilmente divisibile, ad esempio, lo scioglimento della comunione ereditaria avverrà mediante un suo frazionamento, attraverso la predisposizione, anche con l’ausilio di un notaio, del progetto di divisione, e quindi l’assegnazione delle porzioni dell’immobile tra le parti secondo le rispettive quote.
Laddove, invece, risulti impossibile procedere all’assegnazione diretta dei beni a uno dei condividenti, poiché l’asse ereditario non è comodamente divisibile, si procederà alla vendita di uno o più beni in comunione: il Giudice dispone la vendita all’asta dei beni indivisi (ad esempio un immobile) ex artt. 788 e 576 c.p.c., alle modalità determinate dallo stesso Giudice in caso di mancato accordo delle parti. In tal caso, provvederà a nominare un perito affidandogli l’incarico di effettuare una stima del bene: all’interno di questa fase processuale, ciascuna delle parti potrà dedurre un diverso valore del bene nominando a propria volta un perito di parte che effettui una diversa stima da sottoporre alla valutazione del giudice. Solo all’esito della decisione giudiziale sul punto, dopo aver vagliato tutte le eccezioni e le deduzioni rappresentate dalle parti condividenti tramite i loro consulenti, il giudice stabilirà il valore del bene e metterà in vendita quest’ultimo, potendo anche nominare un Notaio che procederà allo svolgimento delle operazioni. Il prezzo ricavato dalla vendita, infine, dovrà distribuirsi tra i condividenti, secondo le rispettive quote di proprietà.
In ultima analisi, va analizzato il caso in cui il coerede che si rifiuti di vendere l’asse ereditario e non voglia acquistare le quote degli altri coeredi, spesso ne usufruisce personalmente. Si pensi al caso del fratello che, a seguito della morte dei genitori, continui ad abitare nella casa familiare di quest’ultimi, opponendosi alla vendita e non versando affitto agli altri fratelli, divenuti comproprietari. In tal caso, oltre a poter accedere al giudizio di divisione ereditaria, potrà essere avanzata una richiesta di risarcimento danni nei confronti del coerede che abbia illecitamente approfittato della situazione, derivati dall’uso e dalla mancata disponibilità del bene per tutti gli altri comproprietari, con grave pregiudizio economico per questi.
In tali fattispecie, comunque, è sempre consigliabile rivolgersi ad un legale al fine di definire la soluzione migliore in relazione al proprio caso di specie, soddisfando al meglio le esigenze delle parti in causa.
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La rubrica settimanale– Dell’avvocato del Martedì – a cura dell’avvocato Francesca Paola Quartararo