(di Piero Longo) Questa nuova riproposta de La Risurrezioni, unico testo quattrocentesco in lingua siciliana scritto da Marcu Di Grandi, non a caso in occasione delle festività natalizie e nell’anno della pandemia che ha colpito tutta l’umanità, viene eseguita oggi in adeguata forma oratoriale proprio nella Chiesa palermitana di Santa Maria dell’Ammiraglio , detta La Martorana , parrocchia di San Nicolò dei Greci con cattedrale della Eparchia di Piana degli Albanesi, grazie alla ospitalità dell’archimandrita papas Antonio Paratore e dell’eparca Giorgio Gallaro.
In questa antica chiesa voluta da Giorgio d’Antiochia Ammiraglio di Re Ruggero II, esiste tra le altre raffigurazioni sacre , tessute nel fondo d’oro delle tessere dalle variegate cromìe , il mosaico più grande della Natività simile a quello della Cappella Palatina eseguito presumibilmente dalle stesse maestranze cui di deve il famoso Battesimo di Cristo nelle acque del fiume Giordano. Alla Martorana non vi è però rappresentato il Battesimo di Cristo ,ma nel rito greco-bizantino la liturgia dell’Epifania prescrive la solenne Benedizione delle acque alla quale, per tradizione, si fa seguire il volo della colomba che ricorda appunto l’episodio narrato dai Vangeli.
L’Epifania è infatti una festa solennissima perché preannunzia la Pasqua in quanto la Manifestazione della Incarnazione divina del Cristo Salvatore che con la sua morte e la sua Resurrezione ha affrancato tutta l’umanità , ridonando a ogni uomo la Grazia dello Spirito e della immortalità. Dunque il passaggio, la Pasqua: La Risurrezioni.
Nella manifestazione della Trinità , attraverso la voce del Padre e la presenza dello Spirito che aleggiava in forma di colomba sulle acque del Giordano mentre Giovanni il Batista additava il Figlio-Dio e Uomo, si annunziava infatti la possibilità di tornare simili al Creatore, al Padre che per Amore si è rivelato attraverso il Figlio consustanziale che. in quanto Uomo-Dio, dà agli uomini suoi fratelli, la facoltà di indiarsi come dirà Dante nella sua Comedìa che di quella rivelazione divina si fa interprete e chiosatore seguendo il “Credo” della cattolicità.
Tutta l’arte occidentale è del resto pregna dei principi teologici contenuti nel Credo formulato nel 325 d.C. dai padri del Concilio di Nicea e ha rappresentato gli episodi biblici e dei Vangeli, anche nel teatro e nelle opere musicali tanto che già nel Medioevo prima con gli affreschi e i mosaici della tradizione romana e in seguito con la musica gregoriana insieme alla Biblia pauperum, cioè i cicli dei mosaici di ispirazione bizantina e poi ancora le “Laudi” o Sacre Rappresentazioni si diffusero anche nelle classi popolari elementi fondamentali della teologia Cristiana.
Ed è, appunto su questo argomento così complesso sul piano teologico ma tanto semplice nella essenzialità dei temi naturali e religiosi, vita-morte-resurrezione, che il testo del colto poeta siracusano costruisce una visione drammaturgica dei dialoghi ricavati dai Vangeli e affidati ai versi dell’antica lingua siciliana, la più prossima al latino parlato volgarmente che al tempo di Federico II era divenuta lingua del regno. Attraverso la Scuola Siciliana (1230-1260 circa)che ebbe il suo referente principale nello stesso imperatore e i poeti che vi si riconoscevano tra i quali Jacopo da Lentini fu il maggiore rappresentante, naque dunque la prima e organica struttura della lingua volgare .
In seguito nella elaborazione toscana, fino a Dante, appunto , quella “lingua del sì” che i siciliani avevano proposto, raddolcito e trasformato fino a creare delle regole metriche per scrivere i loro versi, divenne il modello della metrica e della parola drammaturgica che caratterizza con il suo principale andamento endecasillabico, il testo di Marcu Di Grandi, databile, con molta probabilità, tra il 1418 e il 1434.
Filippo Arriva che ha rielaborato il testo teatrale, musicato da Mario Modestini, sottolineava infatti nella sua presentazione alla prima rappresentazione di sette anni fa al Teatro dell’Opera di Roma, che questo dramma sacro dimenticato e ritrovato nella Biblioteca Comunale di Palermo nel 1913 da Rosalia Anastasi Campagna, anticipava di circa cento anni il famoso Atto della Pinta ufficialmente considerato il primo dramma sacro moderno scritto da Teofilo Folengo durante la sua permanenza a Palermo e rappresentato per la prima volta nell’omonima chiesa nel 1538.
Si trattava perciò di qualcosa di diverso dalle Sacre Rappresentazioni secondo il modello di Jacopone da Todi perché inaugurava una sorta di Teatro sacro che in seguito, con l’accompagnamento musicale, diede vita a un nuovo tipo di rappresentazione detta Oratorio, genere che con Alessandro Scarlatti divenne a sua volta modello utilizzato da Bach e da Handel e che trovò in tanti musicisti della scuola napoletana grande seguito fino al tardo Settecento.
Dunque Marcu Di Grandi sarebbe un antesignano che meritava di essere riproposto in questa trascrizione oratoriale nella quale le scelte della elaborazione di Filippo Arriva, drammaturgo catenese, vengono offerte al compositore palermitano, città dove, come si è detto è stato ritrovato il testo rappresentato poi soltanto a Siracusa nel 1970 da una compagnia teatrale, ma nella forma di semplice teatro sacro e non di Oratorio, come avviene con questa straordinaria trascrizione musicale e modernissima orchestrazione di Modestini, autore e compositore della post-modernità che dal madrigalismo al classicismo e fino al Jazz, ha saputo trovare una sua cifra ben riconoscibile nella quale il sapore della tradizione, la cantabilità e la sperimentazione sonora consistono felicemente.
Considerando poi le qualità drammatugiche del testo, Filippo Arriva ne rivela le indicazioni sceniche contenute nelle didascalie aggiungendo che “La Risurrezioni” é strutturata in strofe di ampiezza diversa, distici, terzine, quartine, sestine, ottave, strofe nel ritmo endecasillabico predominante. Nella nuova partitura affidata al trio dell’arpa , del violoncello e del flauto, ritroviamo le particolari atmosfere musicali di questa speciale ritrascrizione dove con la voce recitante e le modulazioni vocali del canto sopranile, le linee melodiche convergono in una polifonica avventura spirituale che Modestini trae dalle intavolature di Sigismondo D’India (Palermo 1582-Modena 1629) madrigalista siciliano tra i più famosi insieme ad Antonio il Verso, che dalla polifonia tardorinascimentale trasse ispirazione per le sue opere (duetti e madrigali) cui Modestini si ispira e ritrascrive a suo modo, riportando nelle atmosfere di quelle polifonie della tradizione siciliana e tardo-rinascimentale di Sigismondo D’india, gli accenti di una moderna sacra rappresentazione per canto e narrazione come era accaduto dal Seicento in poi in Italia e in Europa.
Bisogna aggiungere anche, per avere una idea della complessa sonorità di questa partitura, che nella sua cultura il nostro compositore si avvicina a quelle composizioni con la coscienza di una visione post – stravinskijana che sa riascoltare l’antico con l’esperienza del compositore contemporaneo e della sua particolare orchestazione che tiene conto appunto di delle sue passate esperienze compositive. Un teatro sacro dunque, che resiste anche ad una semplice esecuzione oratoriale nella quale la voce del soprano e quella del recitante incarnano e descrivono i personaggi scelti tra gli undici riproposti nel testo di Marcu Di Grandi, elaborato da Arriva e diventi sostanza musicale nell’opera di Modestini utilizzando il flauto, l’arpa e il violoncello come un continuum sonoro che trascina al mistico dialogare tra dolore e speranza, e la gioia della Risurrezione e delle umane aspettative che nel finale concertato di voci e strumenti conclude la drammaturgia musicale con il monito di Cristo all’apostolo Tommaso nel quale la fede di chi “non ha visto e ha creduto “ fa risuonare la gioia dei credenti e l’attualità del messaggio cristiano;
Quello stesso che Papa Francesco oggi ribadisce all’ecumene col suo esempio cui fa eco la parola siciliana del testo di un antico poeta siracusano musicato oggi dal maestro palermitano che trae ispirazione dalla tradizione colta e da quella popolare per esprimere la sua originalità creativa da una Sicilia dove anche la modernità travalica i limiti della classicità del suo orizzonte.
La Resurressioni andrà in scena il 14 gennaio 2021 nella Chiesa di Santa Maria dell’Ammiragliato (della Martorana) alle ore 16,30 e in streaming sulla pagina www.faceboook.com/ilmoderatore.it/live.
Il concerto, prodotto da Panastudio, vedrà impegnati Luciana Di Bella, soprano, Laura Vitale, arpa, Marilena Sangiorgi, flauto, Wanda Modestini, cello, Maurizio Maiorana, voce recitante; coordinatore artistico Piero Longo, regìa di Francesco Panasci, editore del Maestro Modestini.
Lo spettacolo è organizzato dall’ European Culture University e gode del patrocinio della Presidenza dell’Assemblea Regionale Siciliana.