Un’ideologia disconnessa dalla realtà
di Francesco Panasci
10 settembre 2024 – Le sue parole, che inneggiano a una giustizia priva di punizione, non solo trascurano il dolore delle vittime, ma rischiano di favorire un clima di impunità.
Sui tanti social network come Instagram, Ilaria Salis continua a diffondere le sue idee, che appaiono distanti dalle reali necessità della popolazione. Sebbene queste posizioni sembrino orientate a scopi che potrebbero apparire benintenzionati, di fatto risultano inefficaci e pericolose. Al contrario, una larga parte della comunità italiana richiede con forza più giustizia, più regole, punizioni più severe per chi trasgredisce, e, soprattutto, un’Italia più vivibile e sicura. È proprio questa la dimensione che sta venendo meno nel nostro Paese, e che i cittadini desiderano recuperare con urgenza.
La sicurezza al centro del dibattito: cosa vogliono davvero gli italiani?
Negli ultimi anni, la questione della sicurezza è diventata un tema centrale nel dibattito politico e sociale italiano. Il nostro Paese si trova di fronte a una sfida senza precedenti, in cui la violenza giovanile, il degrado urbano e l’aumento della criminalità sembrano minare le basi stesse della convivenza civile. Il recente scontro ideologico sulle carceri sovraffollate e la proposta di abolire le carceri minorili, avanzata dall’onorevole Ilaria Salis, ha ulteriormente polarizzato l’opinione pubblica. Ma cosa vogliono davvero gli italiani?
Sicurezza e giustizia sono due pilastri imprescindibili per garantire la stabilità sociale. In un momento storico così delicato, con un crescendo di episodi violenti, la popolazione chiede protezione, regole chiare e, soprattutto, giustizia. La proposta di chiudere le carceri minorili per puntare solo sulla rieducazione può sembrare nobile in teoria, ma si scontra con una realtà molto più complessa e dura.
L’Italia di oggi è ferita da una serie di episodi drammatici, che vanno dagli atti di bullismo e violenza tra i giovanissimi fino agli omicidi, come il tragico caso del giovane Giovanbattista Cutolo. La percezione comune è che non vi sia un controllo sufficiente, e che le istituzioni siano in ritardo nel rispondere alle nuove sfide legate alla sicurezza.
Il tema non è solo politico, ma profondamente ideologico. Da una parte, c’è chi propone una giustizia più severa, capace di reprimere con forza i fenomeni criminali; dall’altra, una visione che privilegia il recupero, la rieducazione e la reintegrazione. Ma gli italiani, sempre più preoccupati per la loro sicurezza, chiedono un equilibrio: vogliono che la legge protegga i cittadini onesti, ma che sia anche giusta e umana. In questo momento, la fiducia nelle istituzioni si erode ogni volta che una famiglia viene colpita dalla violenza, e il senso di impotenza si fa sempre più forte.
La giustizia che divide
La proposta dell’onorevole Salis di chiudere le carceri minorili ha indignato molti, perché appare disconnessa dalla realtà di una nazione che vede crescere la criminalità giovanile. Le vittime e le loro famiglie chiedono giustizia, e spesso la punizione è percepita come una necessità per garantire che crimini come quelli subiti non si ripetano. La richiesta di sicurezza, di una giustizia che funzioni e che sia deterrente, è sempre più pressante.
Ma c’è di più. Il dibattito ideologico su come affrontare il problema della sicurezza è specchio di una società divisa. Da un lato, chi crede che le pene detentive siano l’unico strumento efficace per contrastare la criminalità; dall’altro, chi ritiene che l’unica soluzione duratura risieda nella prevenzione e nella rieducazione. Tuttavia, ciò che sembra mancare in questo dibattito è un approccio pragmatico che unisca questi due mondi.
Cosa chiedono gli italiani
In questo momento di forte incertezza e paura, gli italiani vogliono risposte concrete. Vogliono sentirsi al sicuro nelle loro case, nelle scuole, nei luoghi pubblici. Non si accontentano più di promesse vaghe o di dibattiti ideologici che rimangono lontani dalla loro vita quotidiana. Chiedono una politica che sappia bilanciare severità e umanità, che si impegni a proteggere i più vulnerabili e a punire chi trasgredisce le regole, senza dimenticare l’importanza della rieducazione e del recupero.
Il tempo delle parole è finito. Quello che serve ora sono azioni decise, che riportino fiducia nei cittadini e che garantiscano una convivenza civile basata sul rispetto delle regole e sulla tutela della sicurezza di tutti. I governi devono rispondere a questa chiamata, e devono farlo presto, perché la sicurezza non può più essere considerata una questione secondaria o marginale.
Ilaria Salis: un modello da non seguire
L’onorevole Ilaria Salis si è distinta nelle ultime settimane per le sue dichiarazioni provocatorie e decisamente fuori dal comune riguardo alla giustizia e al sistema carcerario. La sua proposta di chiudere le carceri minorili e puntare esclusivamente sulla rieducazione dei giovani delinquenti ha scatenato un’ondata di indignazione tra i cittadini, specialmente tra coloro che hanno subito direttamente il dolore e le perdite causate da episodi di violenza.
La visione di Salis, che affonda le radici in un’ideologia forse benintenzionata ma profondamente distaccata dalla realtà, rappresenta un modello da non seguire. In un momento storico in cui l’Italia è scossa da episodi di violenza sempre più gravi, come il brutale omicidio del giovane musicista Giovanbattista Cutolo, proposte come la sua rischiano di non solo minimizzare il problema, ma di indebolire ulteriormente il sistema di giustizia e sicurezza del Paese.
Ciò che appare più preoccupante nelle posizioni di Salis è la sua evidente disconnessione dalla realtà che molti cittadini vivono ogni giorno. In un contesto di crescente insicurezza, è difficile giustificare un approccio così estremo, che sembra più adatto a un mondo ideale piuttosto che al mondo reale. Le sue parole, che inneggiano a una giustizia priva di punizione, non solo trascurano il dolore delle vittime, ma rischiano di favorire un clima di impunità.
Nei siti e sui social network come Instagram, Ilaria Salis continua a diffondere le sue idee, che appaiono distanti dalle reali necessità della popolazione. Sebbene queste posizioni sembrino orientate a scopi che potrebbero apparire benintenzionati, di fatto risultano inefficaci e pericolose. Al contrario, una larga parte della comunità italiana richiede con forza più giustizia, più regole, punizioni più severe per chi trasgredisce, e, soprattutto, un’Italia più vivibile e sicura. È proprio questa la dimensione che sta venendo meno nel nostro Paese, e che i cittadini desiderano recuperare con urgenza.
Difendere l’indifendibile
La posizione di Salis si inserisce in un filone di pensiero che, in molti casi, difende l’indifendibile. È preoccupante vedere come una rappresentante eletta possa sostenere proposte così lontane dal sentire comune. Le famiglie colpite dalla violenza, i cittadini spaventati dall’escalation di criminalità, non possono accettare che chi si è macchiato di crimini gravi possa essere trattato senza una seria assunzione di responsabilità.
Il caso di Cutolo è emblematico: un giovane innocente, vittima di una violenza brutale, con la madre che chiede giustizia per il figlio. Come può una figura politica sostenere che non ci debba essere alcuna punizione per l’assassino, che tutto si debba risolvere con la rieducazione? In un sistema così, che fine fanno il dolore delle vittime e la necessità di sicurezza per il resto della società?
Cosa ci insegna questo modello?
Il modello rappresentato da Ilaria Salis, e da chi condivide la sua visione, è pericoloso non solo per la mancanza di realismo, ma anche per le conseguenze a lungo termine che potrebbe avere sulla società. Lasciar intendere che non vi sia un bisogno di rigore e punizione quando si parla di criminalità, soprattutto giovanile, rischia di trasmettere un messaggio profondamente sbagliato alle nuove generazioni.
In una società in cui i valori del rispetto, della responsabilità e della giustizia stanno già vacillando, figure pubbliche come Ilaria Salis non dovrebbero promuovere soluzioni così sbilanciate. Ciò di cui abbiamo bisogno è un modello che sappia equilibrare la giustizia con l’umanità, ma che non ceda mai alla tentazione di sottovalutare la gravità dei reati e la necessità di proteggere la comunità.
In conclusione, è importante ricordare che Ilaria Salis oggi ricopre il ruolo di parlamentare europeo, eletta da un significativo numero di italiani, che probabilmente l’hanno sostenuta per salvarla dalla detenzione in Ungheria. Salis era stata incarcerata per atti di violenza contro cittadini ungheresi, un episodio che lo stesso presidente Orban ha denunciato come un attacco organizzato sotto la bandiera dell’antifascismo, ma che i tribunali ungheresi hanno interpretato come un atto di pura violenza. A ciò si aggiungono altri episodi incresciosi in Italia e la controversa storia legata all’occupazione abusiva di case, nonostante il suo status economico di benestante e insegnante. Anche in questo caso, Salis ha giustificato l’occupazione con la sua ideologia, sostenendo che tutti dovrebbero avere una casa. Tuttavia, occupare una casa per oltre 10 anni, come nel suo caso, rappresenta una violenza nei confronti di coloro che avrebbero diritto a quella proprietà.
Le sue attitudini di vita, che cerca di trasformare in un modello politico per l’Italia, stanno progressivamente perdendo consenso tra gli italiani che l’hanno inizialmente sostenuta. Man mano che emergono i dettagli del suo passato, appare sempre più chiaro che la sua visione non rappresenta ciò che la maggior parte degli italiani desidera per il futuro del Paese. Salis dovrà fare i conti con una realtà che non rispecchia il suo ideale politico e con una popolazione sempre più disincantata dalle sue proposte. Un modello, se così si può definire, da NON SEGUIRE.