IL “COMITATO ESISTONO I DIRITTI” RIVENDICA IN SICILIA UNA CORRETTA APPLICCAZIONE DELLA LEGGE N.94/1978 SULL’INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA.
IL “COMITATO ESISTONO I DIRITTI” RIVENDICA LA LEGGE SULL’INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA
In Sicilia la legge viene disattesa dall’87% delle strutture pubbliche con il conseguente aumento del numero di aborti clandestini, con una crescita esponenziale del rischio di vita per le donne che lo praticano; quasi 9 medici su 10 nell’Isola sono obiettori, con picchi in alcune zone che arrivano anche al 100.
Il Consiglio Comunale di Palermo già lo scorso ottobre ha approvato un ordine del giorno che impegna Sindaco e Giunta a diffondere l’appello del Comitato “Esistono i diritti” per la corretta applicazione della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza.
Adesso il Comitato ha richiesto all’Assessore alla Sanità della Regione Siciliana Ruggero Razza un urgente incontro per intervenire in maniera incisiva su questa problematica, segno tangibile di oscurantismo dei diritti civili in Sicilia.
LA LEGGE SULL’INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA
La richiesta inoltrata all’Assessore Regionale dal Comitato “Noi donne e uomini, diversi per storia cultura e orientamento politico, ci appelliamo a Lei affinché la legge 194 sulla interruzione volontaria di gravidanza, approvata dal Parlamento italiano nel 1978 e quindi legge dello stato, sia effettivamente applicata anche in Sicilia dove i pochi consultori e i molti medici obiettori rendono la sua efficacia estremamente ridotta nella nostra regione” è stata sottoscritta da esponenti di spicco attivi in vari campi dalla cultura al sociale: Letizia Battaglia, Leo Gullotta, Massimo Pullara, Rosalba Bellomare, Valeria Ayovalasit, Marco Carapezza, Vittoria Calabrò, Claudio Collovà, Ernesto Melluso e da tanti altri.
La questione risiede nel disallineamento nel corpo della norma sulla facoltà di astensione (rectius: la possibilità di invocare l’obiezione di coscienza facendo salva la regolarità servizio) e la sua applicazione concreta.
Rimane indiscusso che la rilevanza dell’interesse a divenire vita dipende dalla volontà della madre, la cui autodeterminazione è elemento decisivo rispetto al proseguimento della gravidanza, seppure assistita dalla presenza di ragioni fisiche e psichiche.
Abbiamo approfondito la problematica con Gaetano D’Amico, fondatore e co presidente del comitato ”Esistono i Diritti”, comitato transpartitico visto che annovera anche esponenti politici di matrice politica diversa.
Afferma Gaetano D’Amico “Per il particolare profilo dell’obiezione di coscienza, il diritto di autodeterminarsi della donna nel senso dell’aborto, nel confrontarsi con il rifiuto del sanitario chiamato specificamente e direttamente a provocarlo, deve necessariamente retrocedere, non per l’interesse alla vita dell’embrione, bensì per la protezione che l’ordinamento ha riconosciuto a questa espressione della libertà di coscienza; ma questa retrocessione è solo apparente.
Perché Lei parla di autodeterminazione solo di apparenza?
“Il vulnus applicativo della legge, dichiara Gaetano D’Amico, sta proprio nel bilanciamento operato dal legislatore: tra il diritto all’autodeterminazione della donna e quello del sanitario costituito dalla garanzia di continuità del servizio. La legge si dimostra incapace di garantire questo equilibrio laddove i comportamenti omissivi del personale sanitario sono in grado di pregiudicare l’effettiva continuità del servizio”.
Cosa può fare la politica rispetto alla recessività del diritto a interrompere la gravidanza rispetto al diritto della coscienza del sanitario, visto che il quarto comma dell’art. 9 impone alle amministrazioni ospedaliere di assicurare la continuità nell’erogazione del servizio?
Continua Gaetano D’Amico “La mancata, o comunque insufficiente, predisposizione di opportuni strumenti da parte delle amministrazioni sanitarie per evitare l’elusione della previsione di cui al quarto comma è sotto gli occhi di tutti, testimoniata dai numeri dell’obiezione di coscienza, nonché dalla diversità dell’offerta del servizio sul territorio nazionale; da qui l’importanza della politica e l’appello rivolto all’Assessore per porre fine a questa elusione. E’ ora che la politica vada oltre il preconcetto e guardi con maggiore laicità a scelte mirate atte a garantire il diritto alla salute anche per quelle donne che decidono di ricorrere ad una interruzione della gravidanza; anche le donne Siciliane devono poter fruire del diritto di autodeterminarsi.
Caterina Guercio