Crisi politica in Sicilia: dagli attacchi di Faraone a Schifani, alle richieste di assessori e sottogoverni nella giunta Lagalla

Il centrodestra siciliano tra fratture interne e giochi di potere: Faraone alza il tiro su Schifani, mentre Lagalla naviga tra le pressioni per nuovi assessori e il controllo dei sottogoverni

Sicilia: tensioni politiche tra Faraone e Schifani, mentre la giunta Lagalla vacilla

Il centrodestra siciliano tra fratture interne e giochi di potere: Faraone attacca Schifani, mentre la giunta Lagalla naviga tra le pressioni per nuovi assessori e il controllo dei sottogoverni.


La politica siciliana è scossa da un nuovo terremoto, con il capogruppo alla Camera di Italia Viva, Davide Faraone, che ha lanciato un pesante attacco contro il Presidente della Regione Sicilia, Renato Schifani. Al centro della polemica ci sono le recenti nomine per la gestione degli impianti di trattamento dei rifiuti, una questione delicata per l’isola, che da anni lotta con la gestione delle emergenze ambientali. Tuttavia, quello che sembra un attacco frontale sul tema dei rifiuti, nasconde una battaglia politica più profonda e complessa, che si gioca su più fronti.

L’attacco di Faraone e la reazione della destra

Davide Faraone ha criticato duramente la decisione del governo nazionale di nominare proprio Schifani come commissario per la gestione degli impianti di rifiuti, definendolo “incapace”. Secondo Faraone, Schifani sarebbe dovuto essere commissariato, anziché ricevere questo incarico. Le sue dichiarazioni hanno immediatamente scatenato reazioni forti da parte delle forze politiche di centrodestra. Forza Italia, Fratelli d’Italia e la Lega sono intervenuti compatti a difesa del presidente Schifani, sostenendo che le affermazioni di Faraone sono eccessive e destabilizzanti.

I motivi dell’attacco

Dietro l’attacco di Faraone ci sono motivazioni che vanno oltre la questione della gestione dei rifiuti. Schifani, esponente di spicco della coalizione di centrodestra, rappresenta un ostacolo per Italia Viva e, più in generale, per l’equilibrio politico in Sicilia. Faraone, un tempo alleato del Partito Democratico e ora esponente di Italia Viva, sembra cercare di indebolire il fronte di centrodestra e creare spazi di manovra per il proprio partito.

A livello nazionale, Matteo Renzi, leader di Italia Viva, sta attraversando una fase di avvicinamento al PD di Elly Schlein, generando una frattura con il passato più moderato e orientato a destra. Questo “flirt” tra Renzi e Schlein, sebbene ancora in fase embrionale, ha riflessi sugli equilibri regionali, poiché un avvicinamento a sinistra rende sempre più difficile per Italia Viva rimanere all’interno di giunte di centrodestra, come quella di Palermo.

La giunta Lagalla e le tensioni interne

Le conseguenze di queste tensioni non si limitano al piano regionale ma si riflettono anche sulla giunta comunale di Palermo, guidata da Roberto Lagalla. La presenza di esponenti vicini a Italia Viva all’interno della maggioranza comunale è diventata motivo di discussione all’interno della coalizione. Esponenti di spicco di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega hanno chiesto apertamente un chiarimento sulla posizione dei “civici” riconducibili al partito di Faraone.

Il sindaco Lagalla ha cercato di mantenere una posizione di equilibrio, esprimendo da un lato il suo sostegno a Schifani e dall’altro difendendo la lista civica che sostiene la sua amministrazione. Tuttavia, questo tentativo di ambiguità rischia di non reggere a lungo, poiché la pressione da parte dei tre principali partiti della coalizione è in continua crescita. I venti di crisi soffiano sempre più forti, e l’operato di esponenti come Maurizio Carta, Totò Orlando e Fabrizio Ferrandelli, che difficilmente potranno continuare a dichiararsi fedeli alla coalizione di centrodestra, potrebbe essere il catalizzatore di una rottura irreparabile.

Il quadro politico: cosa c’è dietro?

La crisi politica siciliana non è soltanto una questione di rifiuti o di nomine, ma riflette una lotta ben più ampia per il controllo degli equilibri politici, sia regionali che nazionali. Davide Faraone, attraverso il suo attacco a Schifani, cerca di riposizionare Italia Viva come forza strategica, puntando a una “rottura” nel contesto siciliano e distanziandosi progressivamente dal centrodestra. Proprio come Matteo Renzi a Roma, Faraone potrebbe aprire la strada a nuove alleanze con il Partito Democratico e altre forze di sinistra. Questo movimento potrebbe far parte di un piano più ampio, con Renzi che tenta di ricucire rapporti con il PD di Elly Schlein su scala nazionale.

Inoltre, non si può escludere che dietro le manovre di Faraone ci sia anche lo “zampino” di Gianfranco Miccichè, storico leader di Forza Italia in Sicilia, ora marginalizzato e passato nel partito di Raffaele Lombardo (MPA). Dopo essere stato messo da parte dalla nuova leadership di Schifani, Miccichè potrebbe vedere nell’indebolimento di Schifani un’occasione per vendicarsi del trattamento ricevuto. La sua uscita di scena non è stata indolore, e il suo passaggio al MPA rappresenta una rottura profonda con l’attuale gestione del centrodestra siciliano. È plausibile pensare che Miccichè stia cercando di destabilizzare Schifani attraverso una vendetta politica, magari appoggiando dietro le quinte le azioni di Faraone, per minare la stabilità della coalizione.

Allo stesso tempo, la coalizione di centrodestra che sostiene Lagalla a Palermo si basa su un’alleanza complessa, con dinamiche interne che lasciano trasparire un crescente nervosismo. Tra le questioni sul tavolo ci sono le governance delle principali società partecipate del Comune, come Gesap, Fondazione Teatro Massimo, GH Palermo Handling, e Amap. Le discussioni attorno a queste posizioni di potere sono diventate sempre più accese. Le aspettative di un vero spoil system tardano ad essere soddisfatte, e molti alleati di Lagalla, specialmente Fratelli d’Italia, continuano a premere per una gestione più incisiva dei sottogoverni. In un contesto politico sempre più frammentato, la tensione tra chi vuole rinnovare radicalmente la governance e chi preferisce mantenere lo status quo diventa ogni giorno più evidente.

Queste dinamiche interne al centrodestra siciliano, già tese, potrebbero vedere nuovi scenari in cui attori come Miccichè giocano un ruolo decisivo nel mettere sotto pressione Schifani e, di conseguenza, nell’accrescere l’incertezza politica in Sicilia.

Governance e sottogoverni: le tensioni in aumento

Uno dei nodi principali da sciogliere riguarda il futuro delle governance delle partecipate. Al centro del dibattito si trovano le figure chiave, come quella dell’amministratore di Amap. Alessandro Di Martino, che ha recentemente lasciato l’incarico, aveva un profilo vicino all’ex assessore regionale Marco Falcone, ma la sua sostituzione è già oggetto di discussione. Il nome più quotato per subentrare è Antonio Tomaselli, appoggiato da Fratelli d’Italia, ma la sua candidatura non gode di ampio consenso all’interno del partito stesso.

Anche la guida della Fondazione Teatro Massimo è al centro di tensioni. Nonostante le oltre 2500 firme raccolte attraverso una petizione, promossa sembrerebbe da nostalgici dell’ex sindaco Orlando e da organizzatori di sinistra, a favore del rinnovo del sovrintendente Marco Betta, vi sono forti resistenze interne a Fratelli d’Italia. Alcuni esponenti del partito vedono in Betta una figura troppo legata all’era Orlando, e questo potrebbe complicare il suo rinnovo. Tuttavia, il tempo stringe, e una decisione sul futuro della fondazione non potrà essere rimandata a lungo.

Particolare attenzione è posta anche su GH Palermo Handling, la società partecipata che si occupa della gestione dei servizi a terra presso l’aeroporto di Palermo. Al vertice di GH c’è ancora Fabio Giambrone, fedelissimo dell’ex sindaco Leoluca Orlando, che continua a mantenere una posizione rilevante. La sua presenza, ereditata dalla precedente amministrazione, rappresenta un ulteriore elemento di tensione all’interno della coalizione di centrodestra che sostiene il sindaco Lagalla, soprattutto alla luce delle dinamiche interne ai partiti e della necessità di rinnovare i vertici di molte partecipate.

In questa situazione, Lagalla non si è completamente liberato dalle influenze delle sinistre che, ad oggi, continuano a mantenere parte del controllo lasciato dall’amministrazione precedente. Questo ha portato i partiti di destra, in particolare Fratelli d’Italia, a intensificare le loro pressioni per un vero e proprio spoil system, che non è ancora stato realizzato dopo due anni. L’amministrazione Lagalla ha così “tradito” le aspettative di quanti attendevano un cambio di guardia deciso. La sinistra, abile maestra nello spoil system, non appena arriva al potere, sostituisce rapidamente i vertici amministrativi con i propri uomini, spesso umiliando politicamente chi ricopriva ruoli di rilievo nella precedente gestione. Questo comportamento ha accentuato la frustrazione all’interno della coalizione di centrodestra, che attende ancora una presa di posizione più decisa da parte del sindaco.

La riforma degli enti locali all’Ars e i suoi effetti

La riforma degli enti locali incardinata all’Ars potrebbe avere effetti significativi sulla politica comunale. La possibile reintroduzione di un assessore aggiuntivo per i comuni siciliani potrebbe avvantaggiare la Nuova DC, che attualmente conta cinque consiglieri ma solo un assessore in giunta. Inoltre, l’innalzamento delle quote di rappresentanza di genere nelle giunte potrebbe creare ulteriori difficoltà per Lagalla, il cui esecutivo conta al momento solo due donne su undici membri.

Le tensioni future

Senza un accordo chiaro sulla presenza di Italia Viva all’interno della maggioranza comunale, la giunta Lagalla rischia di entrare in una fase di crisi profonda. Le tensioni interne, già evidenti, potrebbero ulteriormente aggravarsi, soprattutto se non si troverà una soluzione condivisa tra le varie anime della coalizione. L’incertezza politica, unita alle sfide amministrative ancora aperte, renderà i prossimi mesi decisivi per la stabilità della giunta e per il futuro politico della Sicilia.

Ma Lagalla riuscirà davvero a trovare il tanto atteso equilibrio tra le richieste pressanti della sua coalizione di destra e le influenze ancora presenti della precedente amministrazione? O la sua giunta sarà destinata a cadere sotto il peso delle contraddizioni e delle aspettative disattese? E, mentre la tensione interna cresce, c’è chi tra le fila del centrodestra sembra strizzare l’occhio al PD, lasciando aperta l’ipotesi di nuovi scenari politici in Sicilia.

Berlusconi, da lassù, starà facendo boccate amare, osservando una coalizione che sembra sempre più frammentata e lontana dall’unità che lui aveva costruito senza interferenze delle sinistre.

Ci auguriamo che, dopo il viaggio ad Assisi di Schifani e Lagalla al cospetto di San Francesco, possano ritrovare la lucidità e la compattezza necessarie per il bene della Sicilia intera e di Palermo.

 

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