Si è celebrato ieri a Palermo il 40esimo anniversario della strage che, nel 1983, scosse profondamente Palermo e l’Italia intera con l’uccisione del magistrato, capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo. Con lui morirono due carabinieri della scorta, il maresciallo Mario Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta, e anche Stefano Li Sacchi, portiere dello stabile di via Pipitone Federico in cui il giudice abitava. Rocco Chinnici indagava sui mandanti e gli esecutori dei delitti di Piersanti Mattarella, Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla Chiesa, per i quali pensava ci fosse un’unica regia. Le sue indagini evidentemente dovevano fermarsi lì.
Ma non per sempre, perché la sua eredità è stata portata avanti da quello che è diventato poi il pool antimafia di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Giuseppe Di Lello, sotto la guida di Antonino Caponnetto. Chinnici, Falcone e il gruppo antimafia della Procura e dell’Ufficio Istruzione, misero su un sistema di indagini legate ai flussi di denaro e ai legami con le istituzioni, facendo tremare il Palazzo di Giustizia. A deporre la corona di alloro in onore ai caduti il Sindaco Roberto Lagalla, il vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Esteri Antonio Tajani, il Presidente della Regione Renato Schifani, il Comandante della Legione Carabinieri “Sicilia”, Generale di Divisione, Rosario Castello, il Prefetto Maria Teresa Cucinotta e i figli Giovanni e Caterina. Presente anche una nutrita rappresentaza dell’Associazione Nazionale Carabinieri insieme all’Ispettore Regionale, Ezio Buzzi.
Fabio Gigante