Strage di Ciaculli, ricordate le vittime a 60 anni dall’eccidio
Ieri mattina, alla solenne cerimonia, iniziata con un tributo alla memoria e con la lettura delle motivazioni delle Medaglie d’Oro al Valor Civile a suo tempo concesse dal Presidente della Repubblica, hanno partecipato il Prefetto di Palermo Maria Teresa Cucinotta, il Comandate Militare dell’Esercito in “Sicilia” Generale di Divisione Maurizio Angelo Scardino, il Comandante della Legione Carabinieri “Sicilia” Generale di Divisione Rosario Castello e l’Assessore Alessandro Aricò in rappresentanza del Presidente della Regione, nonché altre autorità militari e civili, insieme ad una rappresentanza dei familiari delle vittime e delle associazioni combattentistiche e d’Arma.
Era il 30 giugno 1963, quando un’Alfa Romeo Giulietta imbottita di tritolo esplose provocando la morte di sette uomini dello Stato tra artificieri dell’Esercito, Carabinieri e Poliziotti. Nell’esplosione, avvenuta in contrada Ciaculli a Palermo, rimasero uccisi il Maresciallo Pasquale Nuccio e il soldato Giorgio Ciacci dell’Esercito, il Tenente Mario Malausa, il Maresciallo Capo Calogero Vaccaro e gli appuntati Eugenio Altomare e Marino Fardelli dei Carabinieri, il Maresciallo della Polizia Silvio Corrao.
L’autobomba era stata abbandonata davanti all’autorimessa del boss mafioso Giovanni Di Peri a Villabate, provocò il crollo del primo piano dello stabile ed uccise il custode Pietro Cannizzaro e il fornaio Giuseppe Tesauro.
Poche ore dopo quest’ultimo attentato, a seguito di una telefonata alla Questura di Palermo avvisante della presenza sospetta di un’autovettura, una pattuglia dell’Arma dei Carabinieri, unitamente a un sottufficiale di Polizia in forza alla Squadra Mobile della Questura di Palermo, si recò a Ciaculli, rinvenendo la Giulietta abbandonata con le portiere aperte. Sospettando che si trattasse di un’autobomba venne chiamata una squadra di artificieri.
Questi ispezionarono l’auto e tagliarono la miccia di una bombola trovata all’interno e quindi dichiararono il cessato allarme. Tuttavia l’apertura del bagagliaio da parte del tenente Mario Malausa, comandante della tenenza di Roccella, causò l’esplosione della grande quantità di tritolo ivi contenuta.
La giornata in ricordo dei caduti nella strage di Ciaculli è proseguita presso il Complesso monumentale dello Steri, a Piazza Marina, dove si è tenuto un convegno dal titolo “La strage di Ciaculli del 30 giugno del 1963, una lettura sessanta anni dopo.”
Un’attenta analisi storica e al contempo un’occasione di riflessione che ha aperto i suoi lavori sulle note della Fanfara del XII Reggimento Carabinieri Sicilia. Il convegno, moderato dal Dott. Giovanni Pepi, è iniziato con il saluto del Dott. Massimo Midiri Rettore dell’Università degli Studi di Palermo, per poi proseguire con gli interventi del Generale Castello, del Dott. Gioacchino Natoli già Presidente della Corte di Appello di Palermo e del Cav. Prof. Manlio Corselli, Docente dell’Ateneo. Nutrita la presenza dei soci dell’Associazione Nazionale Carabinieri insieme al suo Ispettore Regionale, il Dott. Ezio Buzzi.
Il Comandante della Legione Carabinieri “Sicilia” ha sottolineato come la strage si colloca storicamente nel corso della prima guerra di mafia e di come centrale è stata la figura del Tenente Mario Malausa, arrivato volontario a Palermo. Un periodo di grande importanza, di risveglio delle coscienze, durante il quale le istituzioni dello Stato ed i cittadini iniziarono a porre attenzione alla complessità del fenomeno mafioso.
Per il Prof. Corselli “la strage di Ciaculli ebbe l’effetto di intercettare l’iter della Commissione parlamentare d’inchiesta. I morti di questa strage interpellano ancora la nostra coscienza e la nostra verità con domande rimaste senza risposte”.
È stato lo stesso Generale Castello a chiudere l’incontro con l’auspicio di lavorare sulle nuove generazioni, ricordando con le sue parole Padre Pino Puglisi che per cambiare la mentalità mafiosa ha speso la sua vita a fianco dei più giovani.
Fabio Gigante