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RUBRICA DELL’AVVOCATO DEL MARTEDI’_ CONTO CORRENTE: DI CHI SONO LE SOMME SUL CONTO COINTESTATO

a cura dell’Avvocato Francesca Paola Quartararo

Il conto corrente è un contratto concluso tra le parti e l’istituto di credito bancario. La contestazione si chiede al momento dell’apertura del conto corrente. Un classico esempio, quello tra marito e moglie i quali una volta sposati, decidono di chiedere alla banca l’apertura di un conto recante il nominativo di ciascuno dei coniugi. Una volta sottoscritto il contratto bancario entrambe le parti in causa saranno proprietari del conto corrente cointestato.

Il conto corrente è tutelato a livello giuridico a norma dell’art. 1854 c.c. si occupa proprio della contestazione del conto e prevede quanto segue:

Nel caso in cui il conto sia cointestato a più persona, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei soldi del conto”.

Dunque, dalla norma si palesa che:

  • il conto può essere intestato a due o più perone;
  • gli intestatari hanno la facoltà di adempiere operazioni agendo congiuntamente o disgiuntamente;
  • cointestatari sono considerati creditori e debitori in solido del saldo;
  • il conto corrente cointestati deve nasce “ad origine” come cointestato, infatti, non è possibile trasformare un conto corrente persona in cointestato, ma occorre aprirne uno nuovo.

Facciamo qualche esempio in merito all’utilizzo del conto corrente cointestato:

  • Mevia e Caio in qualità di marito e moglie, titolari di un conto corrente cointestato, a firma disgiunta (cioè che consente ad ognuno dei cointestatari di compiere tutte le operazioni singolarmente, senza la firma ed il consenso dell’altro), possono prelevare al bancomat, effettuare pagamenti, ricevere ed effettuare bonifici, emettere assegni, ecc…;
  • Tizio e Sempronio, in qualità di fratelli, titolari del conto corrente cointestato a firma congiunta (consente di compiere tutte le operazioni con il solo consenso della firma di ambedue gli intestatari) possono effettuare tutte le operazioni di conto solamente con il consenso di entrambi, nessuno dei due può agire singolarmente.

A tale proposito una recente ordinanza n. 25684/2021 della Corte Suprema di Cassazione, sezione tributaria ha operato alcune precisazioni in tema di appartenenza delle somme depositate sul conto corrente cointestato.

La Suprema Corte ha rilevato che: “in un conto cointestato tra i coniugi, il deposito sul conto di una somma di denaro da parte di uno dei due cointestatari non configura automaticamente donazione, se non risulti dimostrato che tale intenzione sussisteva ad origine al momento della sottoscrizione del contratto con la banca o quanto meno al momento del deposito stesso”; difatti, risulta prelievo illegittimo se non c’era intenzione di donare.

La vicenda processuale: la vicenda giuridica nasce da una controversia istaurata da uno dei due cointestatari nei confronti dell’Agenzia delle Entrate; quest’ultima aveva notificato al ricorrente un atto di accertamento relativo al versamento Irpef, in cui veniva lamentata la mancata indicazione, in sede di dichiarazione dei redditi, di una somma prelevata dal suddetto conto. Secondo l’ente accertatore, la somma in oggetto era da considerarsi quale “provento illecito” e da assoggettarsi a tassazione, secondo quanto disposto in materia tributaria (D.P.R. 917/1986).

Ciò, in quanto la medesima somma sarebbe stata versata sul conto da parte del coniuge e dopo sarebbe stata oggetto di richiesta, da parte dello stesso, di risarcimento danni. Il coniuge che aveva effettuato il prelievo ritenuto illecito, sosteneva a propria difesa che il prelievo era da ritenersi lecito, poiché l’atto depositato da parte dell’altro coniuge configurava, una donazione indiretta.

Dunque, la domanda che si pone la Corte Suprema di Cassazione, – di chi sono i soldi sul conto corrente cointestato? –

  • Il conto cointestato, serve “l’animus donandi” per cui, il versamento di una somma di denaro da parte di un coniuge su conto corrente cointestato all’altro coniuge non costituisce di per sé atto di liberalità. Difatti, l’atto di contestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito che risulti essere appartenuta ad uno solo dei contestatari può essere qualificato come donazione indiretta solo quando si sia verificata l’esistenza dell’animus donandi, consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della detta contestazione, altro scopo quello della liberalità”.

Pertanto, se non viene dimostrata la sussistenza di tale spirito liberale, il semplice versamento da parte del coniuge di denaro personale sul conto corrente cointestato non è idoneo a fondare una presunzione di appartenenza pro-quota all’altro cointestatario. Di conseguenza, è da considerarsi arbitraria ed illecita, l’appropriazione mediante prelievo della somma in oggetto, in assenza di indizi che lasciassero presumere l’esistenza dell’animus domandi in occasione del precedente versamento della somma medesima.

Per cui, in materia di contestazione prevede una presunzione di spettanza al 50% delle quote, inoltre, se la coppia ha scelto la comunione legale dei beni, le somme versate si considerano in comunione.

Cosa succede se uno dei due coniugi preleva somme ingenti dal conto corrente cointestato?

Le somme prelevate dal conto corrente cointestato devono essere restituite quando la comunione dei beni viene sciolta in seguito alla separazione a meno che il coniuge non dimostri di aver speso denaro per esigenze di natura familiare (Cass. n. 20457/2016).

Difatti, ai sensi dell’art. 192 I comma c.c. ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione le somme prelevate dal patrimonio comune per fini diversi dall’adempimento delle obbligazioni di cui all’art. 186 c.c., tra cui sono comprese quelle per il mantenimento della famiglia, per l’istruzione e l’educazione dei figli e comunque contratte nell’interesse della famiglia anche separatamente. Per cui se il coniuge preleva somme sul conto corrente cointestato, spetta allo stesso: “che abbia effettuato le operazioni e che alleghi di aver impiegato gli importi prelevati nell’interesse della comunione o della famiglia dimostrate quest’ultima circostanza: ciò in quanto quest’ultima  si atteggia a fatto impeditivo dell’obbligazione resi tutoria” (Cass. n. 20476/2016).

Quindi, se il coniuge che ha effettuato il prelievo, dichiara, senza provarlo, che esso è finalizzato a soddisfare esigenze della famiglia o della comunione, la domanda restitutore dell’altro coniuge deve essere accolta. 

Il conto corrente cointestato può essere pignorato? Come tutelarsi in caso di pignoramento del conto cointestato? 

Assolutamente SI. Il conto corrente cointestato può essere pignorato. Il pignoramento secondo l’art. 1298 c.c. si presume che ciascun cointestatario sia titolare di ½ della somma depositata, salvo prova contraria.

L’atto di pignoramento deve essere notificato:

  • Al cointestatario debitore (debitore esecutato)
  • All’istituto di credito (terzo pignorato);
  • Inoltre, deve essere notificato un avviso di pignoramento anche all’altro cointestatario ex art. 599 c.p.c

Per cui se nel conto corrente esiste un saldo positivo, si deve distinguere:

  • Se il saldo è uguale o inferiore al debito, il conto viene “bloccato” fino all’ordinanza di assegnazione delle somme da parte del giudice dell’esecuzione, quindi, il debitore non può prelevare nulla;
  • Se il saldo è superiore alla somma richiesta dal creditore, viene “bloccato” solo l’importo pignorato, la somma residua può essere utilizzata dal debitore.

In caso di pignoramento integrale del conto corrente cointestato, il contitolare del conto corrente può tutelarsi nel seguente modo:

  • Secondo la giurisprudenza, qualora creditore abbia assoggettato a pignoramento l’intero, anziché la quota si spettanza del debitore, l’altro cointestatario può ricorrere all’opposizione di terzo (ex art. 619 c.p.c.), con tale atto, il contitolare può ottenere il credito che gli appartiene per quota.
  • Se l’opposizione di terzo non sia stata proposta, l’intestatario, che non abbia ricevuto l’avviso di cui all’art. 599c.c. può agire contro il creditore procedente e assegnatario del credito per ottenere la restituzione di quanto abbia incassato (Cass. n. 10028/1998).

La materia in oggetto necessita di ulteriori approfondimenti per la quale bisogna esaminarli in relazione al singolo caso concreto. Per maggiori informazioni e/o pareri in merito alla questione consultate il sito www.avvocatoquartararo.eu

 

Francesca Paola Quartararo

Avvocato Francesca Paola Quartararo

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