Nuovi poveri: nessun lavoratore senza diritti.
Papa Francesco consegna il suo accorato appello, ad una lettera recentemente inviata ai tanti lavoratori sommersi e invisibili che sono in trincea e che svolgono un ruolo insostituibile di assistenza in tanti ambiti sociali.
Nel nostro paese è ormai risaputo che a fronte degli 800.000 lavoratori regolari nel settore domestico registrati dall’Inps, gli occupati effettivi nelle case degli italiani sono circa 2 milioni, di cui oltre 1,2 milioni irregolari. Secondo un recente studio, l’emersione di 1,2 milioni di addetti porterebbe allo Stato 1,4 miliardi di contributi e 645 milioni di Irpef. In altri termini, se oltre agli 800mila lavoratori domestici oggi in regola fossero dichiarati all’Inps anche gli 1,2 milioni che lavorano in nero, lo Stato incasserebbe 1,4 miliardi di contributi in più (datori di lavoro e lavoratori) e 645 milioni di Irpef (dai lavoratori)
Un diritto e contemporaneamente una necessità economica per le casse dello Stato, l’inclusione dei lavoratori in nero nella rete dei diritti di trattamento e di sicurezza sociale. Da qui la richiesta da più parti, di avviare una sanatoria che faccia emergere i lavoratori invisibili non regolarizzati, riconoscendo loro dignità e diritti.
Alcuni paesi europei, come ad esempio la Francia, per incentivare la regolarizzazione di badanti e colf, ha previsto un leggero aumento dell’indennità di accompagnamento per chi dovesse accettare di far versare questo importo direttamente al collaboratore. Un modo per evitare il doppio passaggio dall’amministrazione al beneficiario, e poi al collaboratore domestico. Lo Stato spenderebbe un pò di più sul fronte dell’indennità, ma recupera i contributi sulla prestazione del lavoratore. Oppure la deducibilità piena degli importi versati per retribuire i lavoratori domestici, a fronte dell’attuale possibilità di dedurre solo i contributi. Una misura che costerebbe inizialmente un pò alle casse della nostra finanza, a lungo andare però innumerevoli sarebbero gli effetti positivi diretti e indiretti, ma soprattutto darebbe diritto di cittadinanza piena a centinaia di migliaia di persone che vivono in uno stato di clandestinità.
“Ben vengano- dichiara Francesco Todaro presidente patronato ACLI- tutte quelle proposte per far fronte intanto alla necessità che incontrano le colf e bandati con sussidi e reddito di emergenza, ma se vogliamo uscirne fuori da questa piaga sociale non si può che affrontare seriamente il problema della regolarizzazione del lavoro in nero trasformandolo in chiaro, garantendo cosi diritti a tutti i lavoratori. Il nostro pensiero va ai tanti lavoratori del settore domestico non regolari che stanno molto soffrendo a causa della mancanza di tutela previdenziale.”
“La civiltà giuridica di un paese che ha a cuore il bene delle persone-dichiara Nino Tranchina presidente della ACLI Palermo- si connota sul riconoscimento dei diritti e non sulla loro limitazione o negazione. Peraltro, il principio cardine del nostro ordinamento — anche con riguardo al trattamento da offrire ai migranti — è quello del riconoscimento della pari dignità e dell’uguale valore di tutte le persone umane. Anche per loro deve valere il principio ispiratore dei nostri Costituenti secondo cui il lavoro è lo strumento principale per acquisire un’identità sociale e quindi integrarsi e partecipare alla comunità in cui si vive. Non è più il tempo di voltarsi dall’altra parte e fare finta che il lavoro nero non esiste. Servono norme speciali.”