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E’ catanese la prima donna siciliana pilota di Canadair.

Vediamo come si addestrano i pompieri del cielo...

Il primo ufficiale Mojra Dajana Cannizzo, catanese 33enne con diverse licenze di volo conseguite negli Stati Uniti dopo il diploma all’istituto tecnico aeronautico Arturo Ferrarin, è la prima donna siciliana a guidare un Canadair. 

Canadair in azione Foto Fabio Gigante

E’ entrata recentemente in servizio presso il gruppo volo antincendio del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, gestito da una società privata che dispone della più grande flotta al mondo di Canadair. L’Italia può infatti contare su 19 aeroplani CL415. Si tratta di bimotori turboelica ad ala alta, con 3 ore di autonomia in attacco e 4 totali autonomia missione. Sono progettati per volare a bassa quota ad una velocità non elevata ed hanno una portata di 6 mila litri d’acqua.

Le basi operative, 6 in tutto, si trovano a Genova, Olbia, Napoli, Roma e Lamezia. Tra queste, Genova, Roma e Lamezia Terme sono permanenti, le altre stagionali e legate all’attività estiva. Dallo scorso giugno ha iniziato l’attività operativa di spegnimento, dopo aver effettuato a febbraio la fase addestrativa. Il suo impiego principale finora è stato quello di conducente di jet privati per conto di una grossa compagnia internazionale. In Italia ci sono in tutto cento piloti, tra cui tre donne oltre Mojra.

Canadair Cl-415 in azione Foto di Fabio Gigante

“L’addestramento è molto selettivo e specifico, – ci racconta Daniela De Gol, pilota in pensione e veterana di Canadair CL 415, – almeno 6 mesi di voli sia operativi sia di passaggio macchina. Occorre il brevetto di ATPL (Airline Transport Pilot License) e per il passaggio 30 ore di volo sul Canadair. Infine dopo l’abilitazione, per l’operativo, almeno una decina, se non di più, di voli sugli incendi come membro aggiunto”. Per i piloti dei Canadair tutti gli interventi sono diversi, anche se la zona può essere la stessa. Ci sono diverse condizioni sia meteorologiche sia orografiche sia di luce. “Le insidie – precisa il Comandante, De Gol – sono molteplici, anche se sempre le stesse, mai uguali: bassa quota, bassa visibilità, soprattutto per gli ostacoli come i cavi dell’alta tensione, i tralicci, le teleferiche, poco visibili tra il fumo degli incendi; la bassa velocità, la turbolenza e sperare che l’aereo non abbia avaria improvvisa, altrimenti gestione dell’avaria, tipo piantata motore, perdita contatto radio, perdita di qualche impianto, non chiusura dei portelloni”.

I Canadair vengono allertati dopo che le squadre di terra, coordinate dalle Regioni, hanno verificato che l’estensione dell’incendio è troppo esteso ed il loro intervento è insufficiente, a questo punto interviene il DOS, il Direttore Operazioni di Spegnimento che chiede di far intervenire i Canadair. Riscontrato a loro volta che l’incendio è troppo esteso vengono richiesti al Centro Operativo Aereo Unificato con sede a Roma l’intervento della flotta aerea dello Stato. Dal momento in cui viene diramato l’allarme incendio al decollo trascorrono non più di 30 minuti. “Raggiunto l’incendio, – chiarisce Daniela, – viene fatto un volo di ricognizione della zona di intervento valutando la direzione e l’intensità del vento in cui avanza e le aree che potrebbero essere attraversate. La procedura di carico e scarico acqua è standard. Il carico deve essere fatto in laghi ricogniti (ci sono delle tabelle di descrizione di tutti i possibili laghi italiani a bordo) oppure in mare alla velocità di circa 80kt, circa 150 km/h, ali livellate e parallelamente alle onde lunghe oppure controvento (dunque cresta su cresta) se il vento fosse forte (max 30kt, circa 50 km/h). Ma resta sempre a discrezione decidere dove e come rifornirsi d’acqua… Poi lo scarico di 6 mila litri d’acqua in dodici secondi, praticamente una bomba d’acqua, ad una velocità di 100kt, circa 190 km/h e una quota di 100ft, 30 m., e via di scampo libera, in discesa”. Se tra la fonte idrica e l’incendio c’è un minuto e mezzo, i piloti sono al massimo operativo e si rischia di non spegnerlo.

L’aereo si pilota come un normale aereo, con l’aggiunta che si tratta di un anfibio e non un idrovolante. L’idrovolante opera esclusivamente su acqua, mentre l’anfibio è capace di operare sia su piste terrestri che in acqua. L’equipaggio è composto da due piloti, comandante e primo ufficiale. La condotta di missioni anti-incendio implica un grandissimo impegno a entrambi i piloti in quanto si tratta di una attività aerea estremamente complessa sotto tutti i punti di vista. L’attacco al fuoco si svolge come una vera e propria missione di bombardamento: si stabilisce la rotta di avvicinamento e di evasione dall’area dell’incendio tenendo in considerazione gli ostacoli orografici e appunto le linee elettriche e le funivie. Fondamentalmente ci si abbassa fino a poche decine di metri da terra. Il fumo sviluppato dall’incendio e la turbolenza causata dall’ascensione dell’aria calda mettono a dura prova l’equipaggio il quale si divide il compito per gestire al meglio il tutto. Uno pilota, l’altro sgancia l’acqua e controlla tutti i parametri motore.

Il riempimento dei serbatoi su una superficie d’acqua viene detto “flottaggio”. Lo si può fare su tutte le superfici di acqua di almeno 1.500 metri, senza onde di rilievo. Se il vento è a prora questo spazio può essere ridotto a 8-900 metri. Considerata la bassa velocità di crociera dei Canadair, il suo impiego deve essere di solito limitato alle zone entro 25 chilometri dagli specchi di acqua, altrimenti l’intervallo tra i lanci successivi sarebbe troppo lungo e ne annullerebbe gli effetti. Con virate strette, quasi a coltello, quelle che, se non sei allenato, ti fanno girare la testa. Questo è il lavoro dei piloti di Canadair…i pompieri del cielo.

Fabio Gigante

 

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