Canadair si schianta sull’Etna: diventare pompieri dell’aria non è cosa facile…
Nel primo pomeriggio di ieri, un Canadair CL-415 matricole I-DPCN con nominativo radio “Canadair 28”, decollato dall’aeroporto di Lamezia Terme, base operativa per il sud Italia per aerei antincendio, è precipitato durante le attività svolte per spegnere un incendio boschivo sul Monte Calcinera, nel comune di Linguaglossa in provincia di Catania. Il Canadair CL 415 28 ha toccato il crinale della collina, avvitandosi su se stesso e incendiandosi. Pochi secondi, pochi istanti immortalati in brevi fotogrammi drammatici. Il Comandante e il Primo Ufficiale a bordo dell’aereo sono ancora ufficialmente dispersi nell’incidente ma le speranze sono davvero poche.
Due pompieri dell’aria che ogni anno solcano i nostri cieli per mettere in salvo alberi, persone dalle fiamme. Sarebbe un miracolo se i due uomini si trovassero in vita. Le ricerche sono ancora in corso e saranno intensificate questa mattina. I due piloti facevano parte della società Babcock, da oltre 35 anni, fornisce servizi antincendio aerei come anche in Europa e in Canada e gestisce oltre 75 velivoli antincendio, inclusi elicotteri e aerei (leggeri, medi e pesanti) oltre a gestire i 19 velivoli anfibi antincendio del Governo Italiano. Babcock Italia, si legge in una nota, “conferma purtroppo che ieri è avvenuto un incidente che ha coinvolto un aereo Canadair durante una missione antincendio a Linguaglossa, nel catanese”. Babcock, sottolinea la nota, “sta assistendo le autorità locali nelle operazioni di soccorso e la nostra prima priorità è fornire supporto alle persone coinvolte nell’incidente e alle loro famiglie. Sulle cause dell’incidente sarà effettuata un’indagine approfondita”.
“L’addestramento è molto selettivo e specifico, – ci racconta Daniela De Gol, pilota in pensione e veterana di Canadair CL 415, – almeno 6 mesi di voli sia operativi sia di passaggio macchina. Occorre il brevetto di ATPL (Airline Transport Pilot License) e per il passaggio 30 ore di volo sul Canadair. Infine dopo l’abilitazione, per l’operativo, almeno una decina, se non di più, di voli sugli incendi come membro aggiunto”. Per i piloti dei Canadair tutti gli interventi sono diversi, anche se la zona può essere la stessa. Ci sono diverse condizioni sia meteorologiche sia orografiche sia di luce. “Le insidie – precisa il Comandante, De Gol – sono molteplici, anche se sempre le stesse, mai uguali: bassa quota, bassa visibilità, soprattutto per gli ostacoli come i cavi dell’alta tensione, i tralicci, le teleferiche, poco visibili tra il fumo degli incendi; la bassa velocità, la turbolenza e sperare che l’aereo non abbia avaria improvvisa, altrimenti gestione dell’avaria, tipo piantata motore, perdita contatto radio, perdita di qualche impianto, non chiusura dei portelloni”. I Canadair vengono allertati dopo che le squadre di terra, coordinate dalle Regioni, hanno verificato che l’estensione dell’incendio è troppo esteso ed il loro intervento è insufficiente, a questo punto interviene il DOS, il Direttore Operazioni di Spegnimento che chiede di far intervenire i Canadair. Riscontrato a loro volta che l’incendio è troppo esteso vengono richiesti al Centro Operativo Aereo Unificato con sede a Roma l’intervento della flotta aerea dello Stato.
Dal momento in cui viene diramato l’allarme incendio al decollo trascorrono non più di 30 minuti. “Raggiunto l’incendio, – chiarisce Daniela, – viene fatto un volo di ricognizione della zona di intervento valutando la direzione e l’intensità del vento in cui avanza e le aree che potrebbero essere attraversate. La procedura di carico e scarico acqua è standard. Il carico deve essere fatto in laghi ricogniti (ci sono delle tabelle di descrizione di tutti i possibili laghi italiani a bordo) oppure in mare alla velocità di circa 80kt, circa 150 km/h, ali livellate e parallelamente alle onde lunghe oppure controvento (dunque cresta su cresta) se il vento fosse forte (max 30kt, circa 50 km/h). Ma resta sempre a discrezione decidere dove e come rifornirsi d’acqua… Poi lo scarico di 6 mila litri d’acqua in dodici secondi, praticamente una bomba d’acqua, ad una velocità di 100kt, circa 190 km/h e una quota di 100ft, 30 m., e via di scampo libera, in discesa”. Se tra la fonte idrica e l’incendio c’è un minuto e mezzo, i piloti sono al massimo operativo e si rischia di non spegnerlo. L’aereo si pilota come un normale aereo, con l’aggiunta che si tratta di un anfibio e non un idrovolante. L’idrovolante opera esclusivamente su acqua, mentre l’anfibio è capace di operare sia su piste terrestri che in acqua.
La condotta di missioni anti-incendio implica un grandissimo impegno a entrambi i piloti in quanto si tratta di una attività aerea estremamente complessa sotto tutti i punti di vista. L’attacco al fuoco si svolge come una vera e propria missione di bombardamento: si stabilisce la rotta di avvicinamento e di evasione dall’area dell’incendio tenendo in considerazione gli ostacoli orografici e appunto le linee elettriche e le funivie. Fondamentalmente ci si abbassa fino a poche decine di metri da terra. Il fumo sviluppato dall’incendio e la turbolenza causata dall’ascensione dell’aria calda mettono a dura prova l’equipaggio il quale si divide il compito per gestire al meglio il tutto. Uno pilota, l’altro sgancia l’acqua e controlla tutti i parametri motore. Il riempimento dei serbatoi su una superficie d’acqua viene detto “flottaggio”. Lo si può fare su tutte le superfici di acqua di almeno 1.500 metri, senza onde di rilievo. Se il vento è a prora questo spazio può essere ridotto a 8-900 metri. Considerata la bassa velocità di crociera dei Canadair, il suo impiego deve essere di solito limitato alle zone entro 25 chilometri dagli specchi di acqua, altrimenti l’intervallo tra i lanci successivi sarebbe troppo lungo e ne annullerebbe gli effetti. Con virate strette, quasi a coltello, quelle che, se non sei allenato, ti fanno girare la testa. Questo è il lavoro dei piloti di Canadair…i pompieri del cielo.
Fabio Gigante