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Banche: FABI, su 435 euro aumento e Tfr pieno non possono dire no

“Il ripristino della base di calcolo piena per il Tfr e la richiesta della parte economica, con un aumento medio mensile di 435 euro, sono due argomenti separati che hanno delle motivazioni politiche e tecniche completamente inattaccabili. Le banche non hanno argomenti per dire “no” rispetto a quanto preteso da tutte le organizzazioni sindacali. E con la modifica del governo alla tassa sugli extraprofitti del settore bancario, e’ caduto l’ultimo, debolissimo alibi degli istituti di credito per contrastare le nostre rivendicazioni. Peralto, la riduzione sul Tfr si riferiva a un momento di emergenza del settore, il 2012, mentre le richieste economiche hanno una giustificazione solidissima sia nell’inflazione sia nella ricchezza delle banche prodotta anche da chi lavora in banca”. Lo ha detto il Segretario Generale della FABI, Lando Maria Sileoni, durante l’incontro in Abi per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, scaduto a fine 2022 e prorogato fino al termine del 2023, che interessa circa 280.000 dipendenti delle banche.

“Grazie alla modifica sulla tassa, le banche hanno due opzioni: o pagare la tassa (in tutto circa 2 miliardi per l’intero sistema) oppure versare un importo pari a 2,5 volte la tassa, per ciascun gruppo, aumentando il patrimonio, soluzione ovviamente molto piu’ conveniente. Insomma, il denaro non esce delle casse delle banche, ma resta “in casa” per rafforzare le singole aziende o gruppi. I tassi d’interesse resteranno alti ancora per molto tempo: questo vuol dire che oltre ai 25 miliardi di utili del 2022 e ad altrettanti nel 2023, ci saranno risultati molto importanti anche nel 2024. Vuol dire, approssimando, dai 75 ai 90 miliardi di utili in un triennio: un record per il settore bancario italiano. Inoltre, durante la trattativa col governo sugli extraprofitti, le banche hanno perso l’occasione per risolvere, sul piano normativo, il problema definitivamente il problema dei mutui concessi a tasso agevolato ai loro dipendenti. Al momento, a causa del combinato disposto dell’aumento del costo del denaro da parte della Bce e delle regole fiscali sui fringe benefit, circa 70.000 lavoratrici e lavoratori sono penalizzati con conguagli Irpef che arrivano ad azzerare le loro buste paga. E’ una questione serissima che non puo’ essere ignorata dai vertici delle banche: in assenza di una correzione normativa, dobbiamo trovare una soluzione interna al settore” ha aggiunto Sileoni. “Quanto alle risposte fornite oggi dall’Abi sulla nostra piattaforma, il mio giudizio al momento e’ totalmente negativo” ha aggiunto Sileoni. In relazione alla risposta di Abi sulla parte economica, il segretario generale della FABI ha osservato che “non e’ possibile quantificare il costo complessivo delle nostre richieste, e’ possibile quantificare solo quello che e’ monetizzabile. Ricordo, inoltre, che il contratto e’ scaduto a fine 2022 e che il 2023, in termini di riconoscimenti economici, non sara’ regalato alle banche. Se non chiudiamo il contratto nazionale in tempi brevi, lo dico chiaramente, vi aspetta una forte mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori che uscira’ pesantemente anche da questo tavolo, entrando a gamba tesa, ma con forti motivazioni politiche, nella societa’, nella politica e in ogni altro settore extra bancario. Non aspettatevi sconti di nessun genere”.

Filippo Virzì

Giornalista radio/televisivo freelance, esperto in comunicazione integrata multimediale.

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