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APPALTO AGGIUDICATO, POI REVOCATO. CHI PAGA IL DANNO?

Oggi Vi pongo all’attenzione una controversia avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale, avanzata da una Società a responsabilità limitata (S.r.l.), aggiudicataria di un appalto, nei confronti della Stazione appaltante, in ragione del comportamento scorretto tenuto da quest’ultima, successivamente all’aggiudicazione della gara, ma antecedente alla stipula del contratto.

La questione merita attenzione, in considerazione del fatto che nell’ambito degli appalti pubblici può capitare che,  la Stazione appaltante dopo l’aggiudicazione definitiva, attraverso l’esercizio dei poteri di autotutela pubblicistici sugli atti di gara “recede” ingiustificatamente dalla trattative, cagionando in tal modo un danno al partecipante alla gara per aver fatto un ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto.

Nel caso di specie, la Società si è ritenuta lesa per l’affidamento riposto nella stipula del contratto, successivamente all’aggiudicazione della gara, poi annullata per causa riconducibile all’Amministrazione (errata valutazione dei requisiti soggettivi di altri concorrenti, indebitamente ammessi, con conseguente alterazione della soglia di anomalia).

Ad avviso della parte lesa e a supporto delle proprie ragioni, tale affidamento è stato “rafforzato”, dalla scelta della Stazione appaltante di consegnare anticipatamente i lavori sotto riserva di legge,  senza tuttavia dare effettivo seguito alla stessa, consentendone in tal modo l’avvio.

La vicenda è approdata al Consiglio di Stato (Sent. n. 07237/2020) che, in riforma della sentenza appellata, ha ribadito il proprio orientamento in ordine all’applicazione anche ai soggetti pubblici, sia nell’ambito di trattative negoziali condotte senza procedure di evidenza pubblica, sia nell’ambito di vere e proprie procedure di gara, dell’obbligo di improntare la propria condotta al canone di buona fede e correttezza sancito nell’art. 1337 c.c.

Occorre, cioè, evitare di ingenerare nella controparte privata affidamenti ingiustificati ovvero di tradire, senza giusta causa, affidamenti legittimamente ingenerati. La buona fede e la correttezza si specificano in una serie di regole di condotta, tra le quali l’obbligo di valutare diligentemente le concrete possibilità di positiva conclusione della trattativa e di informare tempestivamente la controparte dell’eventuale esistenza di cause ostative rispetto a detto esito. 

Secondo il Collegio, la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto assume rilievo non solo, infatti, ove non si addivenga alla stipula per rottura ingiustificata delle stesse, ma anche laddove ciò sia giustificato dal venir meno del relativo presupposto provvedimentale, necessario in un ambito rigorosamente procedimentalizzato quale quello sotteso all’evidenza pubblica.

Nel caso di specie, la Società ha ottenuto il risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale, corrispondente alle spese affrontate in ragione dell’affidamento riposto nella stipula del contratto, oltre al danno da perdita di chance determinato in modo equitativo.

 

 

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