Un silenzio selettivo sul caso Leonardo Caffo: quando l’ideologia pesa più della coerenza
Assenza di voci progressiste e femministe: un doppio standard evidente?
Il caso Leonardo Caffo: quell’ideologico patriarcato decantato dalla sinistra e la violenza di genere taciuta
Il processo al filosofo e scrittore accusato di maltrattamenti all’ex compagna evidenzia un silenzio inquietante: è davvero questa la sinistra che difende i diritti delle donne?
16 dicembre 2024 – In un clima già carico di tensioni sociali, il caso di Leonardo Caffo – filosofo, giornalista e intellettuale di sinistra – porta alla ribalta una questione irrisolta: la coerenza nella lotta contro la violenza di genere. Accusato di maltrattamenti aggravati e lesioni nei confronti della sua ex compagna, Caffo è attualmente sotto processo. La richiesta del pubblico ministero è di quattro anni e mezzo di carcere, un segnale evidente della gravità delle accuse.
Le testimonianze sono drammatiche: percosse, strangolamenti, insulti psicologici e pressioni affinché la vittima commettesse suicidio. Un quadro che, per ogni osservatore, rientra pienamente in ciò che oggi definiamo violenza di genere o femminicidio. Non ci sono scuse, non ci sono ideologie che tengano. Eppure, il silenzio della sinistra, solitamente pronta a parlare di “patriarcato” ogniqualvolta accadono simili episodi, è assordante.
Quell’ideologico patriarcato decantato dalla sinistra
Ogni volta che emerge un caso di violenza contro le donne, soprattutto se coinvolge persone provenienti da contesti culturali di destra o situazioni legate alla migrazione, la narrazione si concentra su quell’ideologico patriarcato decantato dalla sinistra. Un sistema opprimente, un ordine sociale che schiaccia le donne in nome di una presunta supremazia maschile. Ma in questa vicenda non si parla di patriarcato. Non una parola, non una fiaccolata, non un richiamo alle piazze.
Eppure, ci troviamo di fronte a un caso che non può essere ignorato. La violenza c’è, è tangibile, è reale, e non ha bisogno di un’etichetta ideologica per essere riconosciuta. Qui non si tratta di quell’ideologico patriarcato che la sinistra usa come strumento per attaccare politicamente la destra, ma di una violenza inflitta da un uomo alla propria compagna, che si chiama femminicidio.
Dove sono le voci della sinistra?
Il silenzio di figure simbolo della sinistra italiana come Elly Schlein e Laura Boldrini è una domanda aperta. Dove sono? Perché non alzano la voce? Sono le stesse figure che, ogni volta che si parla di violenza di genere, si battono il petto e si schierano in prima fila, brandendo la bandiera rossa. Sono le stesse che, di fronte a ogni attacco sociale, ideologico o culturale, non esitano a condannare. Ma adesso, davanti a un caso che coinvolge un intellettuale progressista, tacciono.
È una domanda legittima che si pongono in molti: perché questo silenzio selettivo? La sinistra, sempre pronta a criticare il governo e a sollevare questioni sul sociale, stavolta è scomparsa. Forse, come sostengono alcune voci, non si può criticare un compagno. Perché mai toccare chi fa parte dell’élite intellettuale e radical chic? Forse, perché l’ideologia viene prima di ogni altra cosa.
Violenza, non ideologia
Il caso di Leonardo Caffo è emblematico non solo per la gravità delle accuse, ma per ciò che svela. La violenza di genere non ha colore politico né giustificazione ideologica. Non si può parlare di patriarcato solo quando conviene e ignorare simili episodi quando a commetterli è una figura vicina a certi ambienti culturali.
La narrazione progressista, così attenta a denunciare il patriarcato come causa di ogni violenza maschile, stavolta si è infranta. Ma non è di patriarcato che si tratta qui: si tratta di violenza, di una condotta violenta contro una donna, che rientra pienamente in ciò che chiamiamo femminicidio. Non servono etichette ideologiche. Servono coerenza e una condanna unanime.
Le domande che restano
Non ci sono conclusioni da tirare, ma riflessioni da fare. Gli italiani si chiedono: questa sinistra da che parte sta realmente? Come è possibile che una questione tanto grave non abbia innescato una reazione forte, un richiamo alla giustizia? Si tratta di garantismo a convenienza? Di un’incapacità di guardare in faccia i propri errori? Di una volontà di proteggere chi è considerato intoccabile, perché appartenente alla propria cerchia culturale?
Quattro anni e mezzo di carcere sono stati richiesti per Leonardo Caffo. Ma a prescindere dal giudizio definitivo, i fatti parlano chiaro: la violenza c’è stata, e non può essere taciuta o giustificata. La domanda che resta sospesa è se questa stessa violenza avrebbe suscitato reazioni diverse se il protagonista fosse stato un uomo di destra o un uomo comune.
E invece, stavolta la bandiera rossa resta piegata, le voci tacciono e l’assenza pesa. Gli italiani osservano e si interrogano: questa è davvero la sinistra che dice di difendere i diritti delle donne?