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C’è tanto da fare: donne vittime di sottocultura e mostruosità

Educazione, pene certe e protezione efficace: così la società può trasformare il dolore in un impegno concreto per il cambiamento.

Basta violenza sulle donne: c’è un immenso lavoro da fare culturale, di integrazione e di giustizia

Dalla tragedia di Giulia Cecchettin all’impegno per pene certe e protezione efficace: educare al rispetto è il primo passo verso il cambiamento.

(di Francesco Panasci)

Oggi, 25 novembre, si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, un appuntamento che richiama l’attenzione su una piaga sociale ancora troppo diffusa. Questa giornata non è solo un momento di riflessione, ma un’occasione per lanciare messaggi chiari: la violenza di genere è inaccettabile, indipendentemente dal contesto culturale o sociale in cui si manifesta.

Gli ultimi episodi di cronaca, come l’omicidio della giovane Giulia Cecchettin, uccisa brutalmente dal suo fidanzato, sono un drammatico richiamo alla necessità di azioni concrete. La vicenda di Giulia è diventata un simbolo di una battaglia che va combattuta su più fronti: educazione, prevenzione, integrazione, giustizia vera e protezione.

Pene certe: un deterrente indispensabile

Uno dei problemi principali nel contrasto alla violenza di genere è la mancanza di pene certe. Troppo spesso i carnefici, anche dopo essere stati condannati, riescono a ottenere sconti di pena, permessi o misure alternative che li riportano in libertà in tempi brevi. Questa situazione non solo nega giustizia alle vittime, ma rappresenta un pericolo concreto: molti aggressori tornano a colpire, talvolta con esiti tragici.

È necessario che le pene siano certe e proporzionate alla gravità del reato. Un sistema giudiziario che non garantisce la certezza della pena rischia di alimentare un senso di impunità, incoraggiando comportamenti recidivi.

Casi di recidiva preoccupanti

Secondo i dati più recenti, una percentuale significativa di uomini accusati di violenza domestica o stalking torna a delinquere una volta rilasciata. Le vittime, invece, vivono nel terrore di nuove aggressioni, spesso senza un supporto adeguato da parte delle istituzioni.

Il sistema di denuncia e protezione: un intervento che arriva spesso tardi

Nonostante le campagne di sensibilizzazione e gli strumenti legislativi messi in atto, il sistema di protezione delle donne vittime di violenza presenta ancora gravi carenze. Troppo spesso le denunce non trovano un seguito tempestivo o adeguato, lasciando le vittime esposte a ulteriori pericoli.

Quando la denuncia arriva, è frequente che i tempi burocratici e la scarsità di risorse rallentino l’adozione di misure preventive, come gli ordini restrittivi o l’accesso ai centri antiviolenza. Inoltre, l’applicazione dei braccialetti elettronici per il controllo degli aggressori è ancora troppo limitata.

Dati preoccupanti

Secondo i dati dell’ISTAT, solo il 12% delle donne vittime di violenza denuncia l’accaduto. Anche quando lo fanno, spesso non ricevono la protezione necessaria, e i carnefici restano liberi di agire indisturbati.

Centri antiviolenza e supporto alle vittime

I centri antiviolenza rappresentano una risorsa cruciale per accogliere le donne che decidono di denunciare o fuggire da situazioni pericolose. Tuttavia, queste strutture soffrono di gravi carenze: sono poche, mal distribuite sul territorio e spesso prive di fondi sufficienti. Per garantire una protezione reale alle vittime, è fondamentale investire in questi servizi e potenziarli.

 

Dai gesti simbolici alle azioni concrete

Proprio ieri, nella giornata dedicata al Premio Internazionale Padre Pino Puglisi, è stato premiato anche Gino Cecchettin, padre di Giulia, che con straordinaria forza interiore ha trasformato il dolore per la tragica perdita di sua figlia in un esempio luminoso di amore e pace. Con il suo impegno e il suo “galateo della sofferenza”, Gino Cecchettin insegna che anche il dolore più profondo può generare speranza e umanità, diventando un faro per chi attraversa momenti di difficoltà. Eventi come questo ci ricordano che, sebbene la violenza possa portare al buio, la risposta può essere una luce potente capace di guidare la società verso un cambiamento reale e duraturo. Trasformare il dolore in forza e il lutto in impegno civile è un messaggio di straordinaria importanza per tutti noi.

Le proposte per migliorare il sistema

Per affrontare queste criticità, è fondamentale:

  • Garantire la certezza della pena per i carnefici, eliminando o riducendo al minimo sconti e misure alternative in caso di reati di violenza di genere.
  • Snellire i processi burocratici per garantire protezione immediata alle vittime.
  • Intensificare l’uso di strumenti tecnologici, come i braccialetti elettronici, per monitorare gli aggressori.
  • Aumentare il numero di centri antiviolenza e rafforzarne il finanziamento.
  • Formare le forze dell’ordine e il personale giudiziario affinché possano gestire i casi di violenza con competenza e sensibilità.
  • Investire in campagne di sensibilizzazione per incoraggiare le donne a denunciare.

Verso un cambiamento culturale, giuridico e istituzionale

Il cambiamento deve essere globale, coinvolgendo uomini e donne, giovani e anziani, cittadini italiani e stranieri. La violenza contro le donne non è un problema delle vittime, ma di tutti noi. Solo con un impegno collettivo, pene certe e un sistema di protezione più efficiente possiamo sperare di costruire una società in cui la giornata del 25 novembre diventi un ricordo di un passato ormai superato.

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