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Presentato uno studio di Prometeia sulla sanità privata in Sicilia fra trend demografici e riorganizzazione del SSN

Il settore della sanità e assistenza sociale privata in Sicilia è forte di oltre 3 mila unità locali e 26 mila addetti, pari rispettivamente al 14% e al 7% dei valori nazionali. Ne risulta una dimensione media delle aziende profit (poco più di 8 addetti per struttura) molto inferiore sia al resto delle regioni meridionali (poco più di 11) che al dato nazionale (quasi 18). Nonostante questo, il comparto rappresenta l’1% delle unità locali siciliane complessive e il 3% degli addetti.

Sono alcuni dei dati contenuti nello studio di Prometeia sulla sanità privata in Sicilia, presentato oggi a Palermo durante il Forum delle Economie dedicato al settore dell’healthcare, organizzato da UniCredit in collaborazione con la Confindustria Sicilia, AIOP Sicilia e Camera di Commercio Palermo Enna.

 “Sostegno agli investimenti, consulenza, formazione e networking: questo l’impegno di UniCredit a supporto delle oltre 7.000 realtà tra profit e non profit che operano in Sicilia nel comparto dell’ospedalità privata e dell’assistenza sanitaria. La Banca, anche in virtù dello storico radicamento in questo territorio e del ruolo importante che può rivestire la filiera Healthcare per il futuro dell’Isola, sente ancora di più la responsabilità di accompagnare questo settore in un importante percorso di crescita e potenziamento” ha dichiarato Salvatore Malandrino, Regional Manager Sicilia di UniCredit

Barbara Cittadini, Presidente AIOP Sicilia:  “La componente di diritto privato del SSN svolge un ruolo decisivo quale “attivatore” dell’economia, che è destinato a diventare sempre più rilevante. I dati dimostrano che le nostre strutture assicurano, oggi, più di 1/4 dei ricoveri nazionali, impiegando circa 1/10 della spesa sanitaria complessiva e le strutture Aiop forniscono annualmente cure a 1 milione di degenti, corrispondenti al 13% del totale SSN, a fronte del 6,2% della spesa ospedaliera pubblica. Il Bilancio Sociale Aiop attesta che il comparto crea un valore aggiunto che potremmo ulteriormente incrementare per promuovere una sanità pubblica, efficiente, solidale ed equa, attraverso una virtuosa sinergia con la componente di diritto pubblico, così come avvenuto nel corso dell’esperienza pandemica, che ci ha insegnato che solo attraverso la piena integrazione tra le due anime del SSN è, possibile curare questo Paese. Sono persuasa che il nostro contributo sia determinante e che possa esserlo sempre di più, soprattutto, in Sicilia, dove il Governo Schifani si è posto, tra gli altri obiettivi principali, quello di ridurre i tempi d’attesa.  A tal fine, infatti, le 46 strutture Aiop, con 3.780 posti letto, possono dare un contributo significativo, poiché erogano prestazioni salva-vita in tempi brevi, supportano i pronti soccorso che sono in affanno, ed hanno una notevole potenzialità inespressa, a causa di anacronistici tetti di spesa, che il Governo nazionale ha cominciato a modificare, prevedendo, nell’ultima legge di bilancio, incrementi di spesa dal comparto privato accreditato per il triennio 2024/26, che sono fondamentali per ampliare l’offerta e dare una risposta esaustiva alla domanda di salute dei siciliani. Il Governo nazionale ha previsto, altresì, norme emergenziali anche per le liste d’attesa, finalizzate a consentire alle regioni di acquistare dal privato accreditato un maggior numero di prestazioni “critiche” e contrastare il fenomeno delle liste d’attesa, della mobilità sanitaria e della rinuncia alle cure. A dimostrazione del ruolo che svolgiamo in tal senso, le strutture di Aiop Sicilia, negli ultimi anni hanno prodotto un numero incrementale di prestazioni di alta complessità: nel 2022 hanno prodotto circa 16.400 prestazioni di alta complessità e nel 2023 circa 17.600 prestazioni, che certamente contribuiscono a drenare la mobilità passiva e a contrastare le liste d’attesa e che, dunque, siamo certo verranno incentivate, in coerenza con le direttive nazionali. Ritengo, altresì, che possiamo essere determinanti anche nell’azione di efficientamento del sistema, perché promuoviamo la qualità delle prestazioni sanitarie, la cultura della valutazione delle performance e un sistema trasparente di rendicontazione della gestione economico-finanziaria. Sono persuasa che il futuro del nostro comparto non possa prescindere da piani di investimenti, privati e pubblici in nuove tecnologie grazie alle quali efficientare il nostro sistema sanitario”.

Alessandro Albanese, Presidente Camera di Commercio Palermo Enna: “L’iniziativa di UniCredit, in tema di salute, in questo momento, è certamente molto significativa. Proprio nei giorni scorsi il governo regionale ha dato il via libera alla nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie ed ospedaliere ed in particolare il presidente Schifani ha sottolineato la necessità di verificare il lavoro svolto da questi direttori soprattutto in chiave liste d’attesa. La filiera dell’Healthcare è fatta da tanti tasselli ed uno di questi è il settore della sanità privata che può dare un contributo fondamentale nell’eliminazione definitiva delle famose liste d’attesa per gli accertamenti clinici e diagnostici. Le imprese sanitarie sono un asset strategico per la nostra Isola e il loro apporto nel benessere dei siciliani è strategico. Pertanto, l’iniziativa di UniCredit sulle opportunità di crescita delle aziende nella sanità è, a mio avviso, una opportunità da cogliere per rafforzare il ruolo delle imprese private nella tutela della salute dei siciliani”.

 Studio di Prometeia

La sanità e, soprattutto, l’assistenza sociale contano inoltre in Sicilia su un numero molto elevato di imprese non profit, quasi 4 mila unità, pari all’8% delle aziende non profit nazionali del settore. Anche in questo caso, però, la dimensione media (8 dipendenti per istituzione, come nelle profit), seppure in linea con quella delle regioni meridionali, è inferiore a quella dell’Italia (11).

Non è solo la dimensione a differenziare il comparto siciliano, ma anche la tipologia di strutture che lo compongono. La regione evidenzia una significativa presenza di strutture attive nell’assistenza residenziale per anziani e disabili (il 40%, tra quelle profit, circa 13 punti in più di Sud e Italia), a fronte di una minor rilevanza di quelle non residenziali per gli stessi soggetti (meno del 19%, 10 punti in meno di Sud e Italia); anche l’incidenza dei servizi ospedalieri è più contenuta rispetto al resto dell’Italia (5%, 3 punti in meno delle altre regioni).

Il settore, in Sicilia come nel resto d’Italia e non solo, ha sperimentato negli ultimi anni gli effetti della pandemia, con un sensibile aumento della spesa pubblica nella sanità che nell’isola ha superato i 10 miliardi di euro, mantenendo comunque un’incidenza sulla spesa pubblica complessiva inferiore a quella del Sud e del resto d’Italia (il 34%, contro, rispettivamente, il 35% e il 36%). Tale minor incidenza costituisce una caratteristica strutturale nell’isola, avendo il decennio precedente la pandemia visto una sostanziale stabilità della spesa in Sicilia, come nella media delle altre regioni.

Risultati più negativi riguardano invece la spesa per investimenti della sanità, che con 667 milioni di euro e un’incidenza sugli investimenti complessivi superiore a quella delle altre regioni (4.1% in Sicilia, 3.3% al Sud e 2.5% nel resto d’Italia) ha evidenziato una forte caduta nel decennio pre-Covid e nessuna ripresa durante il biennio pandemico (a differenza delle altre regioni). Alla propensione agli investimenti relativamente più contenuta può aver contribuito la minor spesa media dei siciliani per la salute: i 2.4 miliardi si traducono infatti in una spesa pro capite inferiore ai 500 euro annui, contro i 530 del Sud e i 690 del resto d’Italia; non sono solo i valori assoluti a essere inferiori, ma anche l’incidenza delle spesa sanitaria su quella complessiva delle famiglie (3.5%, rispetto al 3.8% registrato al Sud e al 4% nel resto d’Italia).

L’entità più modesta della spesa si ricollega sia a redditi delle famiglie siciliane relativamente più bassi, sia a una struttura demografica che vede una popolazione più giovane rispetto alle altre regioni italiane. Gli indicatori di benessere dell’Istat (BES) segnalano nella regione, nonostante la maggiore incidenza dei giovani, una percentuale di persone che si definiscono in buona salute inferiore alla media italiana (il 68%, contro il 70%) e, soprattutto, una maggior fragilità della popolazione anziana. Quest’ultimo aspetto domina le previsioni demografiche per l’isola, che con un saldo migratorio profondamente negativo vedrà nel decennio a venire un calo complessivo dei residenti nell’ordine del 6% (simile al resto del Sud, circa tre volte superiore a quello del resto d’Italia), ma un incremento in valore assoluto degli over 65 (+15%).

Una profonda trasformazione che richiederà alle aziende dell’isola, stante i limiti dell’intervento pubblico legati al piano di rientro, investimenti adeguati e un salto dimensionale atto a raggiungere migliori livelli di servizio, efficienza e profittabilità.

L’analisi dei bilanci di oltre 4 mila società di capitale con sede in Sicilia ha infatti evidenziato, dopo anni di difficoltà fino al 2020, un netto miglioramento delle condizioni finanziarie delle imprese nel biennio 2021-2022, in particolare grazie ai risultati delle strutture ospedaliere (e, tra queste, più positivi per quelle di maggiori dimensioni). Alcuni ritardi caratterizzano invece i comparti dell’assistenza sanitaria e sociale sia residenziale che non residenziale, con una minor capacità di agganciare la crescita complessiva del comparto che, congiuntamente a una dimensione media molto contenuta (inferiore al milione di euro per le strutture residenziali e ai 2 milioni per le imprese del non residenziale, contro i 10 milioni medi delle strutture ospedaliere), produce minori risorse per gli investimenti necessari per ammodernare e ampliare la propria offerta.

Filippo Virzì

Giornalista radio/televisivo freelance, esperto in comunicazione integrata multimediale.

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