L’ANELLO AUTOSTRADALE ARRIVA NEL RAGUSANO: MA OCCORRE RIPIANIFICARE LA RETE STRADALE SICILIANA
L'inaugurazione della Rosolini-Ispica/Pozzallo è un'ottima notizia, ma la viabilità siciliana, soprattutto quella secondaria, è ancora carente
Anche questa settimana ci capita di scrivere all’indomani della inaugurazione di una importante opera pubblica: buon segno. In questo caso parliamo di una tratta lunga sette chilometri e mezzo della autostrada A18 Siracusa-Gela, che collega lo svincolo di Rosolini allo svincolo di Ispica-Pozzallo.
Un piccolo pezzo di una lunga autostrada, ma che può vantare almeno due primati: è la parte più meridionale della rete autostradale europea ed è la prima autostrada a percorrere la provincia di Ragusa. Questa parte sudorientale del territorio siciliano ha dovuto attendere più di mezzo secolo, dal momento che il primo progetto della Siracusa-Gela risale al 1968, ed avrebbe dovuto essere completato entro il 1973.
Un’autostrada lunga 50 anni
Invece, soltanto oggi l’autostrada giunge al 47esimo dei suoi 135 chilometri, come da progetto. Elaborato molto diverso da quello del 1968, perché nel frattempo il tracciato si è allungato di parecchie decine di chilometri. Infatti, mentre il progetto originario attraversava tranquillamente aree molto pregiate dal punto di vista ambientale, nell’ultima versione, che risale alla fine degli anni ’90, i progettisti hanno dovuto accuratamente evitarle.
Così, per non invadere quelle che nel frattempo sono diventate riserve orientate o aree protette, i progettisti, per così dire, sono stati costretti a girarci intorno. E’ successo proprio a Ispica, dove l’autostrada avrebbe dovuto tagliare di netto la Cava omonima, che poi sarebbe un bellissimo solco naturale scavato nell’altopiano calcareo degli Iblei. La stessa cosa è avvenuta, per il tratto ancora da costruire, nelle aree del fiume Irminio e nei pressi di Scoglitti.
Lavori ad ostacoli
Ma quel che più lascia pensare è la quantità industriale di vicissitudini negative che ha interessato la tratta autostradale inaugurata ieri. La ditta Cosedil, che ha concluso i lavori, non è esattamente quella che aveva vinto, nel lontano 2013, l’appalto, comprensivo, per la cronaca, anche dei 12 km che condurranno a Modica (la cui apertura è prevista per fine 2022). Ciò ricorda in maniera impressionante altre situazioni che abbiamo visto sul territorio siciliano: Passante ed Anello ferroviario di Palermo, Metropolitana di Catania, SS640, etc…
Nella fattispecie, si trattava di un raggruppamento di imprese a cui partecipava oltre la Cosedil, anche un colosso come Condotte Spa. Il quale, nel 2017, è andato incredibilmente sull’orlo del fallimento, chiedendo il “concordato preventivo” nonostante commesse “in portafoglio” di circa sei miliardi in tutto il mondo!
Una vicenda che ha causato almeno due anni di sostanziale fermo nei lavori, dato che la già complessa normativa in vigore sui Lavori Pubblici non ha di certo accelerato le procedure di subentro dell’attuale esecutrice.
Manco a dirlo, nel 2020 ci si è messo il Covid a complicare la vita: il risultato è che ci sono voluti 7 anni e mezzo, dall’inizio dei lavori, per arrivare all’apertura dell’autostrada: mediamente, un anno a km. Si può comprendere, quindi, l’ironia di chi ha previsto altri 90 anni per realizzare i 90 km che porterebbero il nastro d’asfalto fino a Gela.
L’anello autostradale
Vale la pena sottolineare che la Siracusa-Gela è soltanto la parte più orientale di un progetto più ambizioso che dovrebbe chiudere l’anello autostradale siciliano, saldandosi a Castelvetrano con la A29 Palermo-Mazara del Vallo. Potete immaginare quanto possa essere complicato il compito che aspetta i nostri governanti per poter arrivare a questa conclusione. Dove, oltre alle lungaggini burocratiche, che ad avviso di chi scrive sono comunque quelle più preoccupanti, occorre fare i conti con le ingenti risorse finanziarie necessarie: soltanto i 20 km della Rosolini-Modica costeranno quasi 300 milioni di euro.
Ma occorre anche tener di un aspetto: la Sicilia ha certamente bisogno di questi assi autostradali, ma ad essi occorre pur arrivarci; o, viceversa occorre poter arrivare da qualche parte una volta usciti dagli svincoli.
La viabilità secondaria
Ci riferiamo allo stato pietoso della viabilità secondaria: segnatamente alle strade provinciali, ma anche comunali ed a molte delle statali che percorrono la parte più interna della nostra regione. Si tratta, per considerare solo le provinciali e comunali, di qualcosa come 16.660 km!
L’improvvida abolizione delle province, come ha ricordato lo stesso presidente della Regione, Nello Musumeci durante l’inaugurazione di ieri, ha reso pressoché impossibile anche l’ordinaria manutenzione di strade già di per sé in condizioni critiche.
Sappiamo che la Regione sta cercando fondi anche per questa rete viaria, che non rientra nelle sue competenze, ma temiamo che poche centinaia di milioni non bastino a rendere decenti queste strade.
La pianificazione, questa sconosciuta
Personalmente, penso che sia necessario, finalmente, sedersi attorno ad un tavolo e pianificare su scala regionale la rete viaria del futuro, sulla base delle esigenze reali del territorio, nella sua globalità. Stabilendo le priorità da assumere su tutta la rete viaria, principale e secondaria, anche attraverso un maggiore dialogo tra gli enti gestori che, in Sicilia, vedono spesso ANAS, Consorzio Autostrade Siciliane ed ex Province andare ognuno per conto proprio. Senza tener conto, ovviamente, delle convenienze elettorali.
Chissà se, in quella sede, non emerga la possibilità di liberare risorse realizzando, intorno alla Sicilia, un’asse veloce riqualificando la Statale 115, per lunghi tratti ferma, letteralmente, all’epoca dei borboni, piuttosto che un’autostrada con caratteristiche di tipo A (la “fascia“ più alta). Se si optasse, ad esempio, per la stessa tipologia utilizzata sulla SS640, si otterrebbe comunque un’infrastruttura veloce e ad alta capacità di traffico.
In compenso, si potrebbero destinare maggiori risorse alla viabilità provinciale, importantissima non soltanto per raggiungere i terreni agricoli, ma, spesso, anche per gli stessi centri abitati e le aree industriali o portuali. Riequilibrando un sistema viario che oggi, si presenta del tutto incongruo. E cancellando la vergogna di certe strade interne che, soprattutto in inverno, dopo le piogge, rappresentano una vera e propria avventura; da intraprendere con fuoristrada o con auto dotate di ammortizzatori molto resistenti.